martedì 30 marzo 2021

Salvore. Commemorate Maria e Lina




Il 28 marzo del 1944, a Salvore (attuale Croazia) vennero torturate e uccise due partigiane italiane. Una interessante discussione si è svolta sul sito Face book della "Voce del popolo", un giornale in italiano per gli italiani in Slovenia e in Croazia. Ecco alcune parti del discorso..... 

Salvore. Commemorate Marija e Lina

Una tragedia che non va dimenticata

CROAZIA: Minoranze e media sotto pressione, a rischio il giornale degli italiani


Venne accusato dell'omicidio il fascista Bruno Sambo, in concorso con dei militari tedeschi. Nato a Cittanova d’Istria nel 1906, volontario nell’AOI e nella seconda guerra mondiale, Sambo dopo l’8 settembre 1943 era stato commissario federale del PFR nella città di Pirano, dove risiedeva, ed in seguito si era arruolato col grado di capitano nella rinata MVSN di Pola (60ª Legione), riorganizzata e comandata da Libero Sauro77. A Trieste Sambo fu mandato nel maggio del 1944 dal Deutscher Berater di Pirano, Fritz Fochtner, che lo aveva fatto arrestare accusandolo di aver compiuto violenze nei confronti di giovani richiamati alle armi dopo la pubblicazione del bando di chiamata per le classi del 1923-24-25 emesso dai nazisti nel marzo del 1944, ed in particolare dell’omicidio di tre ragazzi che si erano rifiutati di arruolarsi nell’Esercito fascista repubblicano. Sambo, a sua volta, aveva accusato Fochtner di condurre in porto affari economicamente favorevoli per lui e per uomini d’affari "filoslavi" ai danni del PFR e della cittadinanza italiana. Da Trieste Sambo avrebbe dovuto essere avviato in un campo d’internamento in Germania, ma l’intervento delle autorità italiane e dello stesso federale del fascio triestino, Luigi Ruzzier, lo salvò dalla deportazione. Tornato a Pirano, vi rimase per poco, rassegnò le dimissioni dalla MDT e si trasferì a Trieste. Per i primi tre mesi si dedicò alla sua professione di medico, senza occuparsi di alcuna questione politica, fino a quando venne nominato federale del Partito fascista repubblicano di Trieste (ultimo in questa carica). Bruno Sambo lasciò Trieste il 29 aprile 1945 per rifugiarsi a Venezia, dove si sarebbero diretti anche molti altri fascisti. Il 2 maggio redasse un breve memoriale indirizzato al «Spettabile Comitato di Liberazione Nazionale» di Venezia, che sua moglie consegnò al comitato giuliano della città lagunare, nel quale descrisse tutto quello che era accaduto nella sua vita a partire dall’8 settembre 1943. Nel dopoguerra Bruno Sambo, imputato a partire dal 1946 di collaborazionismo, omicidi e stragi, venne condannato dalla Corte straordinaria di Assise a 30 anni di reclusione. Oltre che all’assassinio dei tre giovani Branco Coslovich, Virgilio Perossa e Leo Segalla, gli venne attribuito anche l’omicidio di Maria Medizza e Lina Zacchigna, in correità con soldati tedeschi. La Corte di Cassazione rinviò Sambo ad un nuovo processo presso la Corte ordinaria di Assise: in questa sede Sambo fu condannato a 8 anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici e un anno di libertà vigilata per il reato di collaborazionismo; fu invece assolto dai reati di omicidi e stragi.

 Le informazioni conosciute su tale episodio penso provengano in larga parte dall'Archivio Sema (di Paolo Sema, noto politico, sindacalista ed intellettuale antifascista piranese, legato al CLN ed al PCI e non sostenitore dell'annessione alla Jugoslavia della propria terra, va esule a TS negli anni '950), oltre che da altre testimonianze locali, delle rispettive famiglie (i due rispettivi fratelli, ad esempio), etc.

In effetti, sin dagli anni immediatamente successivi alla guerra si è in qualche misura discusso se i mandanti ed esecutori del duplice omicidio fossero stati dei fascisti locali (italiani o slavi, non fa molta differenza), o invece le forze tedesche occupanti il promontorio di Salvore (e allora in questo caso si sarebbe davvero trattato di "piombo straniero").

È probabile che, come in altre azioni anti partigiane svoltesi alla fine del 1943 e nel corso del 1944, vi sia stata una cooperazione e corresponsabilità tra i due: tra tedeschi e varie unità locali collaborazioniste.

Anche l'ipotesi che indica in Bruno Sambo l'esecutore/responsible del duplice omicidio, lo ammette infatti in "correità" con soldati tedeschi non meglio identificati, ma verosimilmente i componenti del presidio di Salvore.

Ad ogni modo, Sambo dopo una prima condanna, fu dalla giustizia italiana infine assolto dal resto di omicidio e strage, deduco per l'insufficienza di prove (fu condannato invece per il reato di collaborazionismo).

Mentre i militari tedeschi del presidio di Salvore resistettero ad oltranza all'offensiva partigiana, e quando infine i superstiti si arresero (al principio di maggio 1945), furono tutti deportati verosimilmente in qualche campo nell'interno del paese e soppressi/giustiziati di lì a breve.

A corredo di quanto ho scritto sopra, riporto qui il testo della lapide posta sulle sepolture adiacenti delle due giovani nel cimitero di Salvore

(primo campo a sinistra, quinta fila).

Lapide posizionata dalle due famiglie, verosimilmente subito dopo la fine della guerra (1945-47), e scritta proprio così, esclusivamente in italiano:

Zacchigna, Lina

(9.11.1922 - 28.3.1944)

La dolente famiglia Pose

Medizza, Maria

(22.10.1924 - 28.3.1944) -

La dolente famiglia pose

Candide e pure sulla via - come bianco marmo - le cui bianche incisioni - immortali vi rendono - per cui pugnaste - e da prezzolato piombo a pien rigolio - di vostra giovinezza periste - che alle future genti - sulla via dell'urna pregano - Così nel periglio - così nella tomba -

Lina, Maria compagne - L'esempio vostro irradia - i sentieri che l'umano genere...


.....Ad integrazione del mio primo post qui sopra, devo pure aggiungere un'ulteriore considerazione:
l'odierna memoria e identificazione in questi termini di Lina e Maria in Istria ed in Croazia, è dovuta anche alla quasi mancata o assai scarsa memoria che le stesse hanno avuto presso l'opinione pubblica italiana.
Infatti, ad eccezione della piccola CNI tutt'ora residente in Istria e -in misura assai minore- delle Fameje Umaghese e Piranese in esilio, la loro vicenda, il loro sacrificio, la loro tragica fine è caduta pressoché nell'oblio presso la più ampia comunità esule, giuliana ed italiana in generale.
La loro triste storia è simile e speculare a quella di Norma Cossetto.
Ma la conoscenza ed il ricordo italiano di Lina e Maria, almeno negli ultimi 20 anni, non è paragonabile a quello, sacrosanto, per Norma.
Questo vuoto nel ricordo italiano ha permesso alla Jugoslavia prima ed alla Croazia poi di appropriarsi quasi interamente di queste due giovani vittime, ergendole a eroine non solo dell'antifascismo, ma pure della causa di liberazione (ergo "annessione") jugoslava e della cacciata dello stato italiano ("occupatore straniero").
È solo uno dei numerosi effetti collaterali causati dal quasi totale disinteresse ed oblio dell'Italia e degli italiani per questa regione dopo gli anni '940-'950.
È giusto quindi che pure la vicenda di Lina e Maria torni parte integrante anche della storia nazionale italiana del XX secolo, inserita nella "tragedia e nelle più complesse vicende del confine orientale" del Belpaese.

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