giovedì 18 aprile 2024

La NATO contro la Serbia, la menzogna che innescò l'intervento

 



La NATO contro la Serbia, la menzogna che innescò l'intervento

La strage di Račak, il casus belli fabbricato ad hoc.
Il 9 aprile il Ron Paul Institute ha pubblicato l’intervento di James George Jatras tenuto al Bundestag il 20 marzo, ricorrenza dell’intervento Nato contro la Serbia. Jatras è stato testimone per la difesa al processo contro Slobodan Milošević e racconta una sua versione dei fatti.
L’intervento Nato si innestò nel contesto di un conflitto inter-jugoslavo, con la Serbia impegnata a contrastare la guerriglia dell’Uck (che aveva rapporti con al Qaeda, come ricorda Jatras), che mirava all’indipendenza della regione kosovara. Un conflitto a bassa intensità, che mieteva vittime civili.
Fabbricare il casus belli



Uno smemorato Nato
di Marco Travaglio
Dopo giorni di tregenda e notti insonni per la dipartita di Amadeus dalla Rai, stavamo quasi per perderci le clamorose rivelazioni di Sergio Mattarella nel 75° compleanno della Nato. Che “non ha mai tradito l’impegno di garanzia per i 32 Paesi che ne fanno parte: uniti nella difesa della libertà e della democrazia”. Possono ben testimoniarlo i giornalisti e gli oppositori arrestati, i manifestanti repressi e i curdi bombardati nella Turchia dell’alleato Erdogan. Il Presidente, in vena di scoop, ha aggiunto che la Nato “non è mai venuta meno” alla “funzione deterrente di garanzia della pace in Europa” e a “regole e principi che trovano ancoraggio nella Carta dell’Onu” per “il diritto di tutti gli Stati all’autodifesa”, “a dispetto della retorica bellicista russa tesa ad attribuirle inesistenti logiche aggressive ed espansionistiche”. Certo, come no: la Nato è un’alleanza difensiva che attacca solo chi aggredisce un suo membro. Infatti nel 1999, senz’alcun mandato Onu, attaccò la Serbia di Milosevic che non aveva attaccato nessun membro Nato: oltre 2 mila morti, quasi tutti civili. Nel 2001, senza mandati specifici dell’Onu, invase l’Afghanistan dei talebani, che non avevano attaccato nessun membro Nato: oltre 200 mila morti, più 80 mila in Pakistan. Nel 2003, sempre senza avallo preventivo dell’Onu, Usa, Uk, Italia e Spagna invasero l’Iraq di Saddam Hussein, che non aveva attaccato nessun membro Nato: dagli 800 mila al milione di morti. Nel 2011, aggirando ancora l’Onu, la Nato bombardò la Libia di Gheddafi, che non aveva attaccato nessun membro Nato, ma fu messo in fuga dalle bombe e brutalmente trucidato.
Milosevic, Saddam e Gheddafi erano i migliori alleati della Russia in Europa, Golfo Persico e Nord Africa: infatti quei bellicisti dei russi si fecero l’idea che la Nato fosse un’alleanza offensiva contro di loro, che avevano sciolto il Patto di Varsavia nel 1991. Nel 1990 la Nato aveva pure promesso a Gorbaciov di non allargarsi di un palmo oltre il confine tedesco dopo la riunificazione delle Germanie. Poi purtroppo passò da 16 a 32 membri e nel 2008 annunciò l’ingresso di altri due vicini di casa della Russia: Ucraina e Georgia. Forse, mentre tutto ciò accadeva, Mattarella risiedeva su un altro pianeta o si occupava di giardinaggio? Macché: dal 1983 al 2008 fu deputato, poi giudice costituzionale e infine, dal 2015, capo dello Stato. Nel 1999, quando l’Italia partecipò ai 78 giorni di bombardamenti su Belgrado e il Kosovo, con 1.200-2.500 morti (quasi tutti civili) e fiumane di profughi, e chiamò la prima guerra in Europa dal 1945 “ingerenza umanitaria”, un certo Sergio Mattarella era vicepremier e subito dopo divenne ministro della Difesa. Ma magari era un omonimo.



martedì 2 aprile 2024

Svelato il piano segreto di Blair per "rovesciare Milosevic"




 I documenti declassificati del Ministero della Difesa britannico (MOD) esaminati da The Grayzone rivelano che funzionari a Londra complottarono per coinvolgere le truppe statunitensi in un piano segreto per occupare la Jugoslavia e "rovesciare" il presidente Slobodan Milosevic durante la guerra della NATO del 1999 contro il paese. Sebbene il folle piano non sia mai stato attuato, i dettagli del complotto rivelano esattamente come i funzionari britannici siano riusciti a trasformare Washington in uno strumento di forza contundente del loro impero sconfitto negli anni a venire...

25 anni dopo la guerra del Kosovo: svelato il piano segreto di Blair per "rovesciare Milosevic"



giovedì 28 marzo 2024

PRATICA CONSOLIDATA DI INTERVENTO DELLA NATO E LE CAMPAGNE TERRORISTICHE

 




PRATICA CONSOLIDATA DI INTERVENTO DELLA NATO E LE CAMPAGNE TERRORISTICHE

ANNUNCIO
In occasione del 25° anniversario dell'aggressione della NATO contro la RS Jugoslavia
L’aggressione della NATO contro la RSJ, iniziata oggi 25 anni fa, ha lasciato scene terribili, vittime, migrazioni, distruzione dell’economia, del patrimonio culturale, sequestro di territori, saccheggi e sofferenze indescrivibili di persone espulse dalle loro case. Restavano le conseguenze dell’odio brutale e delle menzogne che giustificavano l’aggressione. Solo la mano di un mostro poteva scrivere "auguri" pasquali ai serbi sopra le bombe e i razzi all'uranio!
È stata imposta una guerra a uno stato europeo indipendente e sovrano senza consenso e contrariamente al mandato del Consiglio di sicurezza dell’ONU, assassinando così le fondamenta dell’ONU stessa e negando il suo ruolo. L'aggressione aveva le caratteristiche di una campagna terroristica diretta contro il popolo serbo e la sua leadership politica. Si è trattato di un crimine contro la pace e l’umanità, che ha dato origine a una serie di altri crimini. Questo precedente ha stabilito la pratica dell’interventismo per impadronirsi del territorio statale, stabilire basi militari per un’ulteriore espansione e conquista, per controllare e utilizzare direzioni strategiche, risorse naturali e principali flussi energetici. Prendendo il Kosovo e Metohija dalla Serbia, sono state create le condizioni per l’espansione accelerata di USA/NATO/UE verso est e per la militarizzazione dell’Europa. Ciò ha reso priva di significato ogni spiegazione dell'aggressione e il riferimento alle "ragioni umanitarie" dell'"Occidente collettivo" guidato dagli USA.
Le nostre vittime non si limitano ai cittadini morti e feriti e ai danni alla proprietà per oltre cento miliardi di dollari. Le conseguenze dei crimini e delle distruzioni della NATO sono a lungo termine e l’avvelenamento dovuto ai prodotti della distruzione degli impianti energetici, dell’industria chimica e dell’uranio impoverito è limitato nel tempo, motivo per cui la Serbia è già prima in Europa per numero di bambini. soffre o muore di malattie maligne. Fu una guerra atomica silenziosa. Il Kosovo e Metohija, insieme a parti della Serbia e del Montenegro, rimarranno un deposito permanente degli insensati crimini all’uranio dell’alleanza NATO.
La responsabilità storica di tutti questi crimini ricade sugli Stati Uniti. Inoltre, con la loro politica, hanno profondamente turbato i rapporti tra i popoli serbo e albanese in Kosovo e Metohija. Il progetto fallito di creazione violenta dello Stato, il cosiddetto Kosovo, che fa parte del territorio dello Stato sovrano europeo e membro dell'ONU, la Repubblica di Serbia, secondo l'attuale decisione degli Stati Uniti, ha bisogno di una soluzione giusta e giuridica per la regione meridionale della Serbia. La forza senza giustizia è un crimine! A difesa della sua integrità, la Serbia difende anche il diritto internazionale, il funzionamento dell'ONU e i diritti umani fondamentali, ai quali 25 anni fa spararono i 19 membri della NATO, guidata dagli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti e le altre grandi potenze della NATO riacquisteranno reputazione e rispetto se lasceranno in pace i serbi e gli albanesi e ci consentiranno di risolvere i problemi nelle nostre relazioni attraverso la cooperazione reciproca. Invece di manipolare e aspirare a “rimuovere l’influenza russa” nei Balcani, possono rafforzare la loro influenza e fiducia in se stessi decidendo di porre rimedio alle conseguenze dell’avvelenamento radioattivo dell’ambiente e fornendo aiuto nel trattamento delle persone colpite dall’uso delle bombe all'uranio.
La sezione serba della Rete per la difesa dell'umanità si aspetta il sostegno delle altre sezioni nazionali di questa organizzazione internazionale di cui facciamo parte, di tutte le associazioni e movimenti sociali indipendenti e amanti della libertà in tutto il mondo, per la valutazione espressa in questo annuncio, in risposta a tutte le forme di violenza internazionale e di violazione dei diritti internazionali e nazionali.
Infine, ci aspettiamo che gli Stati Uniti d’America, in quanto potenza trainante dell’alleanza NATO, riconsiderino la propria posizione sul riconoscimento del Kosovo indipendente e agiscano in conformità con la Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riconosciuta a livello internazionale, che garantisce che il Kosovo e Metohija è una parte inalienabile della Repubblica di Serbia.
A Belgrado, il 24 marzo 2024
PRESIDENTE
Ratko Krsmanović



sabato 23 marzo 2024

24 marzo 1999, la vergogna della NATO

 








Questo è un elenco di fatti significativi databili, come tale non deve essere considerato completo (nota che Italia e Serbia hanno lo stesso fuso orario).
Le cifre dei morti e feriti sono basate su rapporti delle autorità serbe dell'epoca. Va notato che in diversi casi sono state confermate nella sostanza tramite testimonianze della stampa, anche internazionale, e fda rapporti della Croce Rossa.

  • 24 marzo 1999 iniziano le operazioni aeree contro la Serbia:
    • dalla mattina si riduce l'attività di volo di routine sui cieli dell'Adriatico;
    • ore 16:00 circa, iniziano i primi decolli di aerei di supporto (tanker, AWACS, postazioni di comando volanti, ecc);
    • ore 17:50 circa, iniziano i decolli serrati degli aerei d'attacco, alle 20:00 l'operazione sarà completamente avviata;
  • 25 marzo, ore 02:00 iniziano le incursioni all'interno della Serbia, gli attacchi della prima notte si concentrano su postazioni SAM e aeroporti in Kosovo e nei dintorni di Belgrado, vengono impiegati anche i missili da crociera;
  • 26 marzo, inizia l'afflusso dei primi profughi kosovari presso le frontiere albanese e macedone, la NATO individua alcune aree all'interno delle quali viene effettuata una "pulizia etnica";
  • 27 marzo, ore 20:45, un F-117 statunitense viene abbattuto a circa 28 miglia da Belgrado, il pilota è recuperato incolume tre ore dopo;
  • 31 marzo, tre soldati statunitensi della Joint Guarantor in Macedonia vengono catturati e portati prigionieri a Belgrado;
  • 5 aprile, una bomba da 250 kg cade in un'area abitata, diciassette morti;
  • 12 aprile, un ponte viene bombardato mentre vi transita un treno, cinquantacinque morti;
  • 13 aprile, intensificazione delle operazioni sul Kosovo:
    • l'esercito serbo colpisce con artiglieria un villaggio di frontiera albanese;
  • 14 aprile, circa settantacinque civili kosovari vengono uccisi per errore da aerei NATO;
  • 21 aprile e seguenti, le operazioni aeree s'intensificano nella capitale serba, viene bombardato con bombe incendiarie il quartier generale del Partito Socialista Jugoslavo;
  • 23 aprile, alcuni missili colpiscono la torre della televisione pubblica serba, causando sedici morti;
    • lo stesso giorno viene respinta una prima offerta di tregua da parte di Milošević;
  • 30 aprile, il bombardamento del ponte della piccola città di Murino, in Montenegro, causa la morte di sei persone, di cui tre bambini, e otto feriti;
  • 1º maggio, quarantasette civili vengono uccisi nel loro bus centrato mentre attraversava un ponte sotto bombardamento, questo è il secondo incidente di questo tipo;
    • il giorno successivo i tre soldati statunitensi vengono rilasciati come segno di buona volontà al reverendo Jesse Jackson;
  • 7 maggio, un errore durante un bombardamento nelle vicinanze di Nis (nel sud) causa la morte di quindici uomini e circa settanta feriti;
  • 8 maggio, l'ambasciata cinese a Belgrado viene colpita per un probabile errore di intelligence causando tre morti e un forte incidente internazionale;
  • 13 maggio, dopo un apparente ritiro serbo dal Kosovo, e il ricorso della Serbia contro la NATO per genocidio presso il Tribunale Internazionale dell'Aia (rigettato il 2 giugno):
    • circa sessanta morti e ottanta feriti causati dalla NATO contro un villaggio kosovaro, Korisa; la NATO accusa i serbi di aver usato i civili come scudi umani;
  • 21 maggio, circa cento carcerati muoiono durante il bombardamento di un carcere a Pristina;
  • 22 maggio, sette guerriglieri dell'UCK rimangono uccisi per un errore della NATO, altri quindici feriti;
  • 27 maggio, Milošević e alti ufficiali vengono indagati per crimini di guerra presso il Tribunale Internazionale dell'Aia;
  • 30 maggio, durante un bombardamento di un ponte autostradale, rimangono uccise undici persone che lo stavano attraversando;
  • 31 maggio, due stragi di civili:
    • venti persone rimangono uccise in un ospedale a Surdulica, nel sud; la NATO nega ogni responsabilità;
    • una bomba Nato colpisce il villaggio di Novi Pazar, causando ventitré morti;
  • 1º giugno, Milošević accetta le decisioni del G8, si inizia a pianificare una missione di pace in Kosovo;
  • 9 giugno, lo Stato Maggiore serbo firma con la NATO l'accordo di Kumanovo sul ritiro dal Kosovo;
  • 10 giugno, dopo 78 giorni di bombardamenti, le missioni di attacco sono sospese.


sabato 16 marzo 2024

FATMIR IL RE DELLA PIZZA . B




 Quella che sto per raccontarvi è una storia meravigliosa.

A lungo ho pensato se dirvi tutto esattamente od omettere alcune cose. Poi mi è venuta in mente quella bambina antipatica che ad ogni incontro di catechismo mi ripeteva sempre la stessa frase: "albanesi tutti ladri".
Così ho deciso di raccontarvi tutto nei dettagli per spiegarvi cosa deve fare un albanese per non essere un ladro.

Sì, perché il protagonista della storia è proprio un ragazzo albanese. Si chiama Fatmir ed è nato a Scutari il 23 Marzo 1968.
Fatmir studia all’Accademia militare e lavora in polizia.
Gli stipendi sono molto bassi e un giorno riesce ad avere un visto turistico per venire in Italia.
Il giorno dopo il suo arrivo Fatmir già lavora in una azienda agricola come contadino.
Scaduti i 15 giorni di permesso, Fatmir non sa che fare.
Tornare al suo paese e continuare a lavorare in polizia o diventare illegale e quindi “criminale” ?
Fatmir decide di rimanere in Italia.
Fa tanti lavori in nero e malpagati. Rimpiange il suo posto di poliziotto a Scutari, ma ormai è tardi per tornare.
Così fa quello che fanno tutte le persone disperate: si compra una falsa identità.
Ironia della sorte il passaporto falso era di un serbo e da quel momento Fatmir non è più Fatmir, ma Milan.
Con una falsa identità Milan trova lavoro facilmente e per 5 anni lavora in una pizzeria al taglio.
Lavora talmente tanto che inizia a mettere su una pizzeria per conto suo, poi una seconda e poi una terza. Tutte attività che vanno a gonfie vele !
Nel giro di 5 anni apre 10 pizzerie, poi un ristorante e poi un bar sulla piazza principale di Udine.
Tutte le attività vanno alla grande, ma Milan tratta i suoi 100 dipendenti come collaboratori e non come era stato trattato lui. Nessuno lavora in nero, sono tutti regolari.
Ad un certo punto Milan rivuole la sua identità. In una sanatoria si presenta in questura come Fatmir.
Al processo Fatmir chiede al giudice : - Ma è possibile condannare una persona che si è autodenunciata?
La giudice gli dice di avvicinarsi e gli sussurra : - Non ti immagini nemmeno quanto mi dispiaccia condannarti.
Fatmir è dinuovo Fatmir, condannato dalla giustizia italiana, ma re di un grosso impero: "Mondo pizza" che in Friuli è una piccola Mc.Donald.
I giornali friulani riportano tutto a caratteri cubitali : “Il re della pizza arriva dall’Albania!” (il Messaggero) e “Stacanovista da record” (il Friuli).
La notizia rimbalza anche sui giornali albanesi.
Fatmir riceve attestati di benemerenza dal comune di Udine, dalla provincia di Udine e dalla Regione Friuli Venezia Giulia.
Partecipa a dei dibattiti sull’integrazione (che il nostro governo non conosce!) in piazza del Duomo ad Udine.
C’è da ridere perché per fare questo post ho messo il nome di Fatmir in un motore di ricerca e mi è apparso il nostro blog, grazie alla partecipazione di Fatmir ai “gusti di frontiera” e c’è anche da ridere perché il convegno in piazza del Duomo, Fatmir, l’ha fatto con un signore che di nome si chiama Enel. Forse qualche discendente dello scopritore della lampadina !!!
Adesso Fatmir è sereno con la sua famiglia
La storia non finisce qui.. anzi direi che parte da qui: da una persona che dovrebbe essere un criminale e che invece ci ha dato una lezione di vita meravigliosa.
Io spero un giorno di sedermi ad un tavolo del tuo ristorante con te Fatmir e prendermi, per la prima volta nella mia vita, una grande sbronza, cantando con te questa canzone.

Se non ti vergogni delle tue origini, rispetti anche quelle dei paesi lontani





venerdì 15 marzo 2024

LA CROCE E LA STELLA A CINQUE PUNTE: LIPA RICORDA

 





Autore: Dino Šakanović

Il villaggio di Lipa si trova vicino a Rijeka, nell'entroterra dell'Istria, vicino all'odierno confine tra Croazia e Slovenia. Nelle immediate vicinanze del paese si trova la tradizionale via di comunicazione tra Rijeka e Trieste, strada utilizzata già in epoca romana. Dal 1918 al 1943 Lipa fece parte dell'Italia, quando dopo la capitolazione dell'Italia il controllo dell'Istria passò alla Germania.
Probabilmente come vendetta per le attività partigiane del giorno prima nel villaggio di Rupa, l'esercito tedesco circondò Lipa intorno alle 14:30 di domenica 30 aprile 1944, quando la maggior parte della gente del posto era nel villaggio per pranzo. Dopo aver circondato il villaggio e con l'appoggio dei fascisti italiani che erano sotto il controllo tedesco, l'esercito tedesco entrò nel villaggio e iniziò a uccidere tutti i civili che trovò a Lipa, soprattutto donne, bambini e anziani, nelle strade e nelle case.
Dopo aver ucciso 21 residenti, i soldati hanno ordinato ai restanti abitanti del villaggio di raccogliere i propri averi e di lasciare le case. Tutti gli abitanti del villaggio, tranne 6, rimasti nascosti, hanno lasciato le loro case. Dopo aver radunato la gente del posto, i soldati tedeschi, con il pretesto di trasferirli nel vicino villaggio di Rupu, hanno condotto gli abitanti di Lipa verso i margini del villaggio. Davanti all'ultima casa di Lipa sulla strada per Rupa, conosciuta come "la casa di Kvartirka", i soldati tedeschi hanno ordinato alla gente del posto di fermarsi e di mettere via le loro cose.
Successivamente, hanno imprigionato tutti i residenti sopravvissuti di Lipa nella "casa di Kvartirka", hanno chiuso le uscite, hanno cosparso la casa di benzina e poi le hanno dato fuoco lanciando granate. Hanno ucciso tutti quelli che erano in casa e la maggior parte delle vittime sono state bruciate vive. Il 30 aprile 1944 a Lipa morirono 269 abitanti, tutti civili che non opposero alcuna resistenza. Tra le persone uccise c'erano 96 bambini. Dopo l'omicidio di 269 abitanti del villaggio, i soldati raccolsero nuovamente tutti i corpi nella "casa di Kvartirka" e ancora una volta li bruciarono così da renderli irriconoscibili. Il massacro durò circa 2 ore.
Durante e dopo l'assassinio degli abitanti del villaggio, l'esercito tedesco distrusse sistematicamente il villaggio, demolendo tutti gli edifici del villaggio: 87 case e 89 altri edifici. Dopo il massacro di Lipa, l'esercito tedesco circondò il villaggio per diversi giorni e uccise tutti coloro che tentavano di venire a Lipa.
Lipa, insieme a Oradour in Francia e Lidice nella Repubblica Ceca, è uno dei tre villaggi in Europa che furono distrutti in modo simile durante la seconda guerra mondiale. Tuttavia, a differenza di Oradour e Lidice, gli abitanti sopravvissuti di Lipa rifiutarono l’offerta di costruire un nuovo villaggio a pochi chilometri di distanza. Decisero invece di tornare a Lipa e ricostruire le loro case.
Poiché una parte delle famiglie di Lipa fu completamente sterminata il giorno del massacro, parte delle case rimasero permanentemente non ristrutturate. Inoltre le stalle di posta, il panificio e gli edifici per uffici non furono mai ricostruiti. Parte degli edifici distrutti furono rimossi a causa del crollo o allo scopo di utilizzare la pietra nella ricostruzione dopo il ritorno degli abitanti sopravvissuti al villaggio. Oggi, in memoria del massacro, rimangono diversi edifici distrutti che hanno mantenuto la loro forma originale, senza ricostruzione. In questo modo l’intero villaggio di Lipa divenne un memoriale vivente del massacro del 30 aprile 1944. Oggi a Lipa vivono circa 100 persone.
Dei sopravvissuti solo Katica Jakšetić, la campanara della chiesa locale nella cui casa ebbe luogo il più grande massacro, non è tornata nella sua casa originaria, ma nelle vicinanze è stata costruita una nuova casa. È sopravvissuta al massacro perché è stata portata al campo anche prima.
Nel 1955 gli abitanti locali eressero di propria iniziativa un monumento alle vittime del massacro di Lipa sul luogo di " la casa Kvartirka". Hanno realizzato il monumento per anni, senza un piano e un progetto chiari, e hanno raccolto fondi in modo indipendente e attraverso donazioni. Una parte dei fondi è stata donata da diverse aziende istriane.
Il monumento stesso è un'opera d'arte popolare e di artigianato poiché non è stato progettato da un architetto, ma realizzato dagli stessi locali. È stato collocato nel luogo della morte nella "Casa di Kvartirka". Sotto il monumento fu posta una bara di metallo, nella quale furono raccolti i resti delle vittime. La gente del posto ha collocato delle tavolette di pietra sul monumento, che fino agli anni '80 era vuoto perché non erano state condotte ricerche per determinare i nomi dei locali assassinati. I nomi furono inseriti più tardi, quasi 30 anni dopo la costruzione del monumento. L'iscrizione sul monumento recita: "Gloria alle famiglie cadute nel terrore fascista il 30 aprile 1944".
Trattandosi di un monumento di origine nazionale, ha una forma interessante. La gente del posto ha posizionato una croce di metallo in cima al monumento come simbolo del cristianesimo, che è stata sostituita da una croce di marmo nero negli anni 2000 perché la croce originale si era deformata nel tempo. Proprio sotto la croce gli abitanti del posto hanno posto in rilievo una stella a cinque punte, come simbolo del comunismo e del movimento partigiano. L'area attorno al monumento è circondata da una recinzione in ferro con motivi a cinque punte, donata dal collettivo della raffineria "Boris Kidrič" di Rijeka. Intorno al monumento principale furono poste diverse targhe commemorative con i nomi dei caduti, probabilmente per iniziativa delle loro famiglie. Alle estremità sinistra e destra del monumento semicircolare sono stati collocati due rilievi in ​​cemento.
Nel 1974 la gente del posto pose su una delle case demolite una targa commemorativa con la scritta: "Il 30 aprile 1944 gli occupanti tedeschi e italiani rasero al suolo questo villaggio con 87 case residenziali e 85 fabbricati agricoli".
Le iscrizioni sulla casa e sul monumento sono chiare e precise. Rendono omaggio alla gente locale martirizzata e non si occupano di altri argomenti. L'iscrizione sul monumento non è chiara, ma è chiaro cosa volessero dire con essa i locali.
Su iniziativa della gente del posto, nel 1966 il villaggio di Lipa fu dichiarato monumento commemorativo e nel 1968 a Lipa fu aperta una mostra museale, che durò fino al 1989, quando il museo fu chiuso per mancanza di fondi. Dopo la chiusura del museo, l'esposizione è stata mantenuta e custodita dagli stessi abitanti del posto. Il museo si trovava in un edificio che servì prima come ufficio postale, poi come scuola e, dopo il massacro, come alloggio per 16 famiglie di Lipa, perché era l'unico del villaggio ad avere ancora un tetto. Dopo che le case furono ristrutturate e le famiglie si trasferirono, l'edificio servì da museo.
Il museo di Lipa è stato rinnovato nel 2016. L'edificio del museo è stato ricostruito ed è stata allestita una nuova mostra museale che racconta il massacro. Il piano inferiore del museo è dipinto di bianco e racconta la storia del villaggio di Lipa e comprende testimonianze video della gente del posto sulla vita a Lipa prima del 30 aprile 1944.
La scala che conduce al primo piano del museo conduce attraverso un'installazione artistica che raffigura l'orrore vissuto dalla gente del posto il 30 aprile 1944. L'intera scala e le pareti sono dipinte di nero. Dopo aver salito le scale, senti un'esplosione in sottofondo. Dopo ogni passo si sente una nuova esplosione. Al centro della scala sono incastonati nel muro degli elmetti tedeschi, sotto i quali c'è una luce. Quando ti trovi in ​​mezzo alle scale, dietro di te senti il ​​passo in marcia dell'esercito che ti segue fino al primo piano, anch'esso tutto in nero.
Il contrasto tra il colore bianco del piano terra del museo, che parla della vita nel villaggio, e il colore nero del piano superiore, che parla della distruzione del villaggio, è incredibilmente ben collegato da un'installazione artistica che evoca paura e brividi, creando la sensazione come se un esercito con intenzioni malvagie fosse proprio dietro di te. Esattamente la sensazione che probabilmente hanno avuto gli abitanti di Lipa quando l'esercito tedesco è entrato nel loro villaggio.
L'installazione al primo piano mostra attraverso un proiettore in rilievo le operazioni militari tedesche in Istria, e in un'altra stanza le sofferenze a Lipa. Parte dell'installazione sono gli alberi genealogici di tutti i residenti locali che morirono, sui quali erano disegnati in nero e contrassegnati con un buco nel loro campo sull'albero. L'unica luce esterna proviene da alcune finestre, anch'esse chiuse nel nero. Sui muri sono posti in nero i simboli delle case demolite con i nomi delle vittime di quelle case.
All'uscita dal museo potrete ritirare gratuitamente le ristampe delle edizioni dei giornali che contenevano articoli su Lipa negli anniversari del massacro. I messaggi del museo sono concreti e chiari, focalizzati sulla vita nel villaggio e sulla sofferenza della gente del posto, senza inviare altro messaggio se non quello di commemorare le vittime e riprodurre i sentimenti di paura e orrore nel giorno del massacro. Il massacro è chiaramente mostrato e descritto e vengono elencati i nomi delle vittime. L'ambientazione non parla tanto delle circostanze che portarono al massacro, ma è più dedicata al massacro stesso.
Caratteristica dell'intero complesso commemorativo di Lipa Pamti è la sua concretezza, senza troppi simbolismi. Le iscrizioni indicano chiaramente il motivo per cui furono eretti, gli oggetti distrutti sono stati conservati nel loro stato originale, il piano terra del museo mostra la vita in bianco, il primo piano mostra la sofferenza in nero e sono collegati tra loro da un'installazione artistica che ricrea il arrivo dell'esercito e inizio del massacro.
La particolarità di Lipa è che l'intero villaggio è un memoriale vivente, un luogo di sofferenza che non è mai stato abbandonato e dove monumenti, targhe commemorative e musei sono integrati nella vita quotidiana della gente del posto. Il legame tra passato e presente lo testimoniano anche i dettagli delle pareti del museo, realizzate sotto forma di finestre delle tradizionali case istriane. Il nome stesso del museo è scritto in questo modo. Sono stati gli abitanti viventi di Lipa la forza trainante che ha restaurato il villaggio, costruito un monumento e preservato la memoria anche quando non esisteva il museo.
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Traduzione da croato, Olga Handjal



La NATO contro la Serbia, la menzogna che innescò l'intervento

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