mercoledì 22 giugno 2022

L'EUROPA SI STA SUICIDANDO.B

 Alcune domande.

Gli ambientalisti, in tempi in cui si parla di tornare all'utilizzo del carbone, dove sono finiti?
Invece, i pacifisti, mentre le armi italiane contribuiscono all'escalation bellica, che fine hanno fatto?
E i difensori dei diritti umani, mentre si stilano liste di nemici dei Governi, umiliando e mettendo alla gogna reporter, intellettuali e cittadini, dove si sono nascosti?
Mentre Julian Assange viene martirizzato e le democrazie governano attraverso la paura, le battaglie per la pace, per l'ambiente, per i diritti umani, che tanto hanno avuto visibilità in precedenza, sembrano essere, per alcuni, solo una questione di moda, di conformismo e di tendenza.
Nella puntata del 21 giugno su Visione tv, di cui consiglio la visione intera nell'omonimo canale, parlo di tutto questo e ricordo anche di aderire alla campagna di solidarietà per i non allineati della lista del Corriere, condividendo via social l'hashtag #AggiungetemiAllaLista
Perché non per tutti la pace, l'ambiente e la tutela dei diritti umani sono una questione di moda.
Sara Reginella






Stiamo viaggiando a 500km/h verso un muro di cemento armato.
Alla guida del treno abbiamo un bandito, una scimmia e una vecchia mummia.
Buona fortuna.






Moni Ovadia contro la propaganda di guerra
Moni Ovadia, in questo dialogo con Alberto Contri e Manlio Dorigo, ci offre un’acuta analisi dell’ipocrisia e della propaganda che promuovono le ambizioni imperialiste degli U.S.A. adducendo giustificazioni false e pretestuose per le guerre e i crimini perpetrati in tutto il mondo.
Tra i temi trattati: il servilismo dell’Italia e dell’Europa, complici di questo disegno con il supporto dei media mainstream; ma anche le voci contrarie di uomini delle istituzioni e intellettuali illuminati. Per Ovadia, la guerra in Ucraina, in un contesto di violenza e menzogna, è lo scenario più recente su cui viene fatta concentrare l’opinione pubblica, a fronte di tanti altri scenari volutamente ignorati o dimenticati.







LA FATTORIA DEGLI ANIMALI A MONTECITORIO.
AVVERTENZA SPOILER: questo post rivela la fine di un famoso romanzo (“La fattoria degli animali”, di Orwell) ed è buona educazione avvertire in tempo chi non lo avesse letto e volesse goderselo senza interferenze. Chi vuole, può interrompere qui la lettura.
Per gli altri, racconterò l’incredibile e vivida scena a cui ho assistito poco fa, che sembra la messa in opera teatrale di quel finale. Protagonista Luigi Di Maio.
La famosa scena è il drammatico e grottesco punto finale che conclude la triste parabola della rivoluzione. Gli animali della fattoria si erano ribellati agli umani e l’avevano conquistata, guidati dagli spregiudicati maiali. I quali diventano sempre più spregiudicati fino ad assumere a danno degli altri animali tutte le forme di comando degli esseri umani. La scena finale mostra una festa nella casa padronale dove i maiali si mescolano agli uomini, si alzano in piedi per brindare, e visti dalla finestra diventano indistinguibili, parte di un unico potere che fa cincin e si perpetua con pacche sulle spalle.
Quelle pacche le ho viste anche stamane, mentre i ministri arrivavano alla spicciolata per sedersi sui banchi del governo nell’aula di Montecitorio in vista del discorso di Mario Draghi sulla nuova Europa belligerante. Fra quei ministri c’era anche il ministro degli esteri Di Maio, l’uomo che aveva promesso la rivoluzione e ora si presenta fresco di scissione e parricidio politico. Gli si sono avvicinati i maggiorenti di tutti i partiti. Lo sbaciucchiavano, gli stringevano la mano calorosamente, gli facevano tap tap sulla spalla con la complicità cameratesca di vecchi compagni di gavettoni. E lui gongolava, con una postura rinvigorita dai calli del potere, dalla soglia attraversata verso il mondo degli ottimati, dove tutto diventa possibile. Passata l’ondata delle pacche dei membri del club che onorava il suo nuovo e rispettabile membro, arrivava la seconda ondata, quella dei baciapantofole. Decine di deputati del suo nuovo partito lo omaggiavano di riverenze con saltelli all’Alberto Sordi, ricevevano la sua benedizione, puntuale e condiscendente, e se ne tornavano sui banchi galleggiando su una nuvola di idrogeno. Luigi Di Maio si sedeva poi composto tra Draghi e Guerini, felice come una mortadella di Pomigliano fra due fette di establishment. Tutto molto bello.
Oltre a questo, mi è venuta in mente una scena del film "Quei bravi ragazzi", quella in cui i mafiosi più grandi si vestono come per le grandi occasioni e festeggiano il primo arresto di un picciotto: “Ti sei pigliato la laurea, finalmente”, “ti hanno 𝐬𝐯𝐞𝐠𝐠𝐠𝐢𝐧𝐚𝐭𝐨”, “bravo!”
Ti hanno 𝐬𝐯𝐞𝐠𝐠𝐠𝐢𝐧𝐚𝐭𝐨, Luigi!

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