I Balcani, epicentro di interessi e influenze esterne, rappresentano in questo cruciale momento storico, un importante avamposto strategico nel cuore dell’Europa.
D’altronde, è bene ricordare che la stessa amministrazione Biden annunciò il 25 gennaio 2021 di aver collocato i Balcani occidentali tra le priorità della politica estera americana, insieme all’Ucraina, all’Iran, alla Cina e ovviamente alla Russia.
La NATO da parte sua, garante ed espressione del cosiddetto ordine mondiale unipolare dominato dagli Stati Uniti, oltre ad aver inglobato nel corso degli anni quattro delle sei nazioni -ex repubbliche socialiste- che componevano “la terra degli slavi del sud” ha sempre mostrato estremo interesse per le restanti due, ovvero la Serbia e la Bosnia Herzegovina.
Quest’ultima, costituita da tre etnie differenti e composta da due entità territoriali, la Federazione di Bosnia ed Herzegovina e la Repubblica Srpska, è soggetta ad altissime pressioni che potrebbero presto portare ad un punto di rottura.
Il 25 maggio scorso il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg durante una conferenza stampa congiunta con il membro bosniaco della presidenza della BH Šefik Džaferović ha ribadito l’interesse della NATO per lo stato Balcanico.
“La nostra cooperazione è più importante che mai a causa della guerra tra Russia e Ucraina. L’Alleanza atlantica sta monitorando la situazione in Bosnia, in particolare la retorica della Repubblica Srpska. Stiamo valutando come rafforzare la nostra presenza” ha detto Stoltenberg.
A differenza della Federazione croato-musulmana di Bosnia che spinge da anni per l’adesione alla NATO, la Repubblica serba rappresentata dal membro della presidenza Milorad Dodik si contrappone all’espansionismo del patto atlantico e desidera mantenere buoni rapporti con la Russia, il che rende la Bosnia uno stato, si multietnico, ma diviso in fazioni che spingono in direzioni completamente opposte.
Lo stesso presidente Croato, Zoran Milanović, ha espresso preoccupazione al segretario generale della NATO, Stoltenberg per la “grave crisi politica in BH” durante una telefonata il 24 maggio scorso.
Non è difficile notare, come la regione sia al centro dell’attenzione dei padroni universali, che non possono permettere derive sovraniste e non allineate al pensiero unico di uno o più stati europei.
La Serbia, nientemeno, rimane un obiettivo strategico fondamentale, data la fratellanza con il popolo russo, la cooperazione congiunta con Russia e Cina e il rifiuto del presidente serbo Aleksandar Vučić di aderire alle sanzioni contro Mosca.
Fatti che espongono la Serbia a tensioni senza precedenti, che hanno il fine di cambiarne l’orientamento politico, seppur tramite eventuali escalation, che la Russia però potrebbe non gradire.
L’incessante movimento delle pedine NATO sulla scacchiera balcanica infatti spinge Mosca ad agire, che mettendo in gioco la diplomazia, manda il ministro degli affari esteri Sergej Lavrov in visita a Belgrado il prossimo 7 giugno per colloqui con il presidente serbo.
Rimane da chiedersi quanto il fragile destino dei Balcani possa influire sulla mappa geopolitica mondiale, contesa tra i sostenitori del mondo unipolare e i sostenitori del mondo multipolare.
Velimir Tomovic'
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