All'inizio degli anni '90, quando io scrissi il primo articolo sui crimini contro civili serbi commessi a Pakracka Poljana da membri di una unità speciale al comando di Tomislav Mercep, il settimanale Feral Tribune, che aveva pubblicato l'articolo, finì in tribunale. Mercep, una figura potente sulla scena politica croata (era consigliere del ministro degli Interni e membro del Parlamento), accusò la rivista di diffamazione. Il processo non si è ancora concluso.
I cosiddetti media "orientati nazionalisticamente", le principali televisioni e riviste che erano all'epoca completamente controllate dal regime di Tudjman, si riferivano costantemente al settimanale per cui tuttora lavoro e a me stesso come a mercenari stranieri e traditori che si sarebbero venduti anche l'anima per i "venti denari di Giuda". Questo era un aperto riferimento al fatto che il Feral Tribune, uno dei pochi media indipendenti all'epoca, era sostenuto finanziariamente dalla Open Society Foundation di George Soros.
Sotto il titolo "Come abbiamo ucciso a Pakracka Poljana" Bajramovic descrisse in dettaglio le atrocità a cui furono sottoposti i civili serbi prima di essere uccisi. Il suo resoconto, in cui forniva esaurienti dettagli di atroci torture e mostruosi omicidi a cui egli aveva partecipato direttamente, giunse come uno shock per l'opinione pubblica croata. Era la prima volta che un colpevole di crimini di guerra ne parlava apertamente.
La storia di Bajramovic pose fine all'idea che i Croati non avrebbero potuto aver commesso crimini di guerra. Le atrocità commesse erano orrende, ed era innegabile anche che dei civili serbi, principalmente da Zagabria ma anche da altri posti della Croazia, fossero stati deportati in un'improvvisata prigione illegale di Pakracka Poljana, dove erano stati torturati e uccisi. Dato che questo era un classico crimine di guerra, il regime di Tudjman non potè più far finta di chiudere un occhio. Solo un giorno dopo che Bajramovic aveva reso pubblica la sua storia, egli fu arrestato insieme ad alcuni compagni.
Quando sette anni fa io cominciai a indagare a Vukovar sui crimini commessi dai Croati contro i Serbi del posto alla vigilia della guerra del 1991, e riaffiorò il nome di Tomislav Mercep, mi scontrai con un insormontabile muro di silenzio.
Nonostante questi ostacoli, e sulla base della scarsa informazione e documentazione che ero riuscito a procurarmi principalmente da fonti serbe, riuscii a pubblicare un articolo su come i negozi, i caffé e le case dei Serbi di Vukovar fossero stati fatti esplodere nella primavera e all'inizio dell'estate prima della guerra, e su come i membri della Zbor Narodne Garde, precursore dell'esercito croato al comando di Tomislav Mercep a Vukovar, avessero prelevato e ucciso i Serbi locali. Il mio pezzo fu prontamente condannato.
I crimini di Osijek erano indicibili, e i miei articoli fornivano ampiamente prove e fatti, così come anche serie prove circostanziali. Ma non ebbero seguito. Il Procuratore di Stato non ritenne necessario indagare sui fatti, anche se io avevo riferito di dozzine di omicidi, 10 dei quali erano stati commessi nello stesso identico modo. Soldati dell'esercito croato facevano irruzione nelle case dei civili serbi, li portavano via spiegandogli che c'era bisogno di loro per un breve interrogatorio, e li portavano in automobile al numero 30 di via Dubrovacka ad Osijek. Qui li interrogavano e li torturavano, gli legavano le mani con un pezzo di corda, li imbavagliavano con del nastro adesivo, quindi li conducevano sulle rive del fiume Drava e là li uccidevano. Io avevo rapporti della polizia su questi omicidi, dichiarazioni dei parenti e foto delle vittime. Non era sufficiente per un'indagine ufficiale.
Nel giugno 2002 mi imbattei nella terrificante storia di come 18 corpi di civili serbi, residenti di Paulin Dvor vicino a Osijek, erano stati spostati 500 chilometri più a ovest, nella provincia della Lika sulle montagne croate, per nascondere ogni traccia del crimine. Io ne avevo già scritto in precedenza: 18 serbi e un ungherese, tutti civili e in maggioranza donne e anziani, erano stati uccisi da soldati croati nella notte tra l'11 e il 12 dicembre 1991. Io sapevo più o meno tutto su questo caso, ciò che non sapevo era dove fossero i corpi.
Io avevo informazioni dettagliate su tutti coloro che avevano preso parte nello spostamento dei corpi, e avevo anche ricevuto informazioni attendibili secondo cui esso era stato organizzato dal locale comando militare e dai servizi segreti militari, e che le massime cariche dello Stato a Zagabria ne erano a conoscenza. Fui informato che Miroslav Tudjman, figlio maggiore del Presidente Tudjman, era anch'egli coinvolto; egli era a capo di tutti i servizi di intelligence croati nel gennaio 1997, quando i corpi furono rimossi dal magazzino militare e trasferiti nella Lika.
Nel luglio di quest'anno, otto anni dopo le scioccanti dichiarazioni di Miro Bajramovic, che per prime misero il pubblico croato di fronte ai crimini commessi dall'esercito croato, intervistai Krunoslav Fehir, che era stato testimone e aveva partecipato alla eliminazione dei civili di Osijek nel 1991-1992.
Mi raccontò cose terribili: di come avesse custodito civili serbi portati al quartier generale di Glavas per essere interrogati, di come essi erano stati torturati e seviziati, e in seguito uccisi. La parte più spaventosa della storia era come i detenuti fossero stati costretti a bere l'acido delle batterie che erano immagazzinate nel garage dove erano rinchiusi.
Anche se ora è possibile scrivere sui crimini commessi dai Croati durante la guerra, con meno rischi rispetto a cinque o dieci anni fa, e anche se io non credo che la polizia segreta tenga più sotto sorveglianza i giornalisti come al tempo di Tudjman, le indagini e i procedimenti giudiziari procedono sempre con dolorosa lentezza e vengono condotti con intollerabile trascuratezza. (Dopo la caduta dell'HDZ di Tudjman nel 2000, si scoprì che i servizi segreti tenevano sotto controllo i telefoni di 121 giornalisti e che all'intelligence militare erano affidati 20 "nemici dello stato". Dato che io ero in entrambi i gruppi, ebbi l'opportunità di ispezionare questi vergognosi dossier segreti).
Drago Hedl
La Croazia e i crimini di guerra