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Peter Handke tra Nobel e linciaggio morale
Peter Handke tra Nobel e linciaggio morale / 3
Ein freund serbiens – zur NATO aggression 1999 vor 20 jahren
Perchè Milosevic è innocente
"Lei è stato accusato d'avere portato una rosa rossa sulla tomba di Milosevic e di avere approvato il massacro di Srbrenica?
«È una menzogna assoluta. Il Tribunale di Parigi ha condannato il Nouvel Observateur per diffamazione per queste affermazioni: m'avevano attribuito che io avevo dichiarato d'essere felice solo vicino Milosevic. Chi mi conosce sa che odio tutti gli uomini di potere. Ma naturalmente tutti i giornali francesi hanno oscurato la condanna. Hanno fatto la campagna contro di me arrivando al risultato della Comédie française che ha annullato un mio lavoro in programma, e poi hanno taciuto che non era vero quello che avevano detto. Amo profondamente la Francia di George Bernanos, di François Mauriac, e soprattutto di Albert Camus ma la cultura di questa Francia è veramente vergognosa. Ci sono ormai le caricature della letteratura e della filosofia come André Gluksmann, Bernard-Henri Lévy, e le macchiette del diritto internazionale e dell'umanitario come Bernard Kouchner, diventato nel frattempo ministro degli esteri. Quanto a Srbrenica hanno fatto la caricatura delle mie parole. Io ho condannato i crimini commessi dai serbi, ho ricordato però che tutto è incomprensibile se non si ricordano le stragi, anche di donne, vecchi e bambini - non come a Srbrenica - perpetrate prima dalle milizie bosniaco musulmane guidate dal comandante di Srbrenica Naser Oric nei villaggi intorno a Srbrenica, a Kravica, a Bratunac. Fatte con l'autorizzazione del presidente Izetbegovic. Era una feroce guerra interetnica e interreligiosa da denunciare tutta quanta».
Non pensa di avere sbagliato ad andare nel 2006 al funerale di Milosevic morto nel carcere dell'Aja?
«Non ero invitato e potevo starmene a casa. No, mi sono detto, devo andarci anche se sarà dannoso per me. E infatti hanno subito fatto tsunami contro di me falsando ogni mia parola. Sono riconoscente ai miei libri, ma sono fiero di questa scelta. E' una testimonianza che aiuta anche la nuova Serbia, quella che ora si batte perché il Kosovo non venga sottratto alla sua sovranità, storia e cultura. Così come sono fiero di essere andato prima all'Aja, non per riverire Milosevic, non mi interessava nulla di lui come uomo di potere. So che anche i serbi hanno commesso crimini, che non difendo. Insisto a denunciare la natura di una guerra complessivamente fratricida. Sono andato all'Aja perché era ancora in carcere accusato di tutto e come unico colpevole della guerra dei Balcani che ha visto, dal 1991 al 1995 e poi dal 1996 al 2002, ben sette fronti di guerra, e alcuni con Milosevic non ancora al potere o non più al potere, quando non addirittura coinvolto a sancire la pace, com'è accaduto a Dayton per la Bosnia Erzegovina, con tanto di ringraziamenti Usa. Sono andato all'Aja soprattutto perché penso che il politico in carcere sia molto più interessante di quando comanda. Del resto ero in buona compagnia con l'ex ministro della giustizia statunitense, Ramsey Clark».
Tommaso Di Francesco, Il Manifesto, 2010
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