Esecuzioni sommarie, infoibamenti, stragi di civili, campi di concentramento e di sterminio: così, durante la seconda guerra mondiale, gli ustascia di Ante Pavelic misero in atto la pulizia etnica nei confronti di serbi, ebrei e rom. Con il fondamentale supporto di esponenti locali della chiesa cattolica.
Forse non tutti sanno che il più grande genocidio della seconda guerra mondiale, in rapporto alla popolazione di una nazione, non ebbe luogo per mano dei nazisti ma si verificò nello Stato “fantoccio” della Croazia ad opera degli “ustascia”. Vi perirono, tra il 1941 e il 1945, ben 750.000 serbi, 60.000 ebrei e circa 26.000 rom.
Il 6 aprile 1941 le forze dell'Asse misero in atto la cosiddetta "Operazione castigo" contro il Regno di Iugoslavia. A loro si accodarono anche gli Ungheresi e i Bulgari. Il 17 aprile il comando militare iugoslavo si arrese e gli eserciti tedesco e italiano poterono così dedicarsi ad occupare la Grecia.
Già alla fine di aprile del 1941 si registrarono le prime stragi, cui non scamparono donne e bambini. Nel distretto di Bjelovar 250 tra uomini e donne, dopo essere stati costretti a scavare una lunga trincea, vi vennero sepolti vivi. Il 30 aprile, presso Kosinj, furono massacrati 600 serbi, tra cui molte donne e bambini. L’8 maggio un’ordinanza di Eugen Kvaternik-Dido, capo della polizia di Zagabria, preparò la deportazione di massa di serbi ed ebrei che, cacciati dalla città, vennero trucidati dagli ustascia o chiusi nei campi di concentramento in via di allestimento.
Il 14 maggio vennero massacrati i 700 abitanti di origine serba di Glina. L’eccidio fu organizzato dal ministro ustascia Mirko Puk, originario del villaggio, e dal frate francescano Ermenegildo, padre guardiano del monastero di Cuntic.
Alla fine di luglio 3.000 serbi furono uccisi nei villaggi di Krnjac, Krotinje, Siroka Reka, Rakovic. Ad agosto oltre 500, tra donne e bambini, vennero catturati e buttati nei crepacci del monte Tusnica. A Celebic 80 donne e bambini furono trucidati nella scuola comunale.
Il 20 agosto dello stesso anno, presso la foresta di Koprivnica, furono violentate donne e fanciulle, mentre i bambini vennero impalati e i vecchi accecati e squartati. E si continuò così anche negli anni successivi.
A luglio, intanto, Eugen Kvaternik-Dido, capo della polizia di Zagabria, era stato ricevuto in Vaticano insieme a 100 agenti ustascia in divisa. Il mese precedente il dirigente croato aveva fatto saltare con la dinamite la cattedrale ortodossa di Bihac e fatto massacrare, fra serbi ed ebrei, circa 2.000 persone.
Insieme alla popolazione serba gli ustascia provvidero pure all’eliminazione diretta del clero serbo-otodosso con la distruzione delle loro chiese e l’appropriazione dei loro beni, molti dei quali trasferiti alle diocesi cattoliche.
Non sfuggirono neppure gli alti prelati. Vennero distrutte 299 chiese, uccisi sei vescovi e 222 religiosi. Il vescovo ortodosso di Zagabria, monsignor Antonij Dosirej, fu ucciso dopo atroci torture e il suo cadavere, privato degli organi genitali, conficcato su un palo. Il vescovo di Debar, nonostante i suoi 80 anni, fu arrestato e internato nel campo di sterminio di Jasenovac dove morì sgozzato. Anche gli altri vennero trucidati dopo atroci sofferenze.
Genocidio in Croazia di Michele Strazza
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