sabato 17 aprile 2021

IL PENSIERO DI JOVAN DIVJAK




 È scomparso recentemente il generale bosniaco Jovan Divjak, che era stato ospite a Trieste in una conferenza pubblica a Trieste nel maggio 2018. Di etnia serba, era ufficiale dell’Armata jugoslava al momento della dichiarazione di indipendenza della Repubblica di Bosnia-Erzegovina, e fu dall’8/4/92, il 2° Comandante della Difesa Militare di Bosnia durante l’assedio di Sarajevo. Presentato come il “difensore di Sarajevo” ed il “generale dei bambini”, è stato però anche accusato di crimini di guerra dai Serbi di Bosnia, come responsabile del massacro di una colonna dell’esercito jugoslavo (composta da ufficiali e soldati montenegrini) che si stava ritirando da Sarajevo.

Nonostante Divjak si sia sempre definito “orgogliosamente jugoslavo”, non possiamo fare a meno di esprimere dei dubbi su questo suo sentimento, anche in base a ciò che lo abbiamo sentito dire. Egli stesso si è schierato, in armi, per il distacco della Bosnia-Erzegovina dallo Stato cui apparteneva: non possiamo accettare la sua definizione del conflitto, che non sarebbe stata “una guerra etnica ma l’attacco ad uno stato membro delle Nazioni Unite”. Era la Jugoslavia ad essere membro dell’ONU, non le varie repubbliche che decisero di rendersi indipendenti scegliendo uno status su base etnica, fregandosene se nei propri confini erano presenti anche altre etnie. Del resto noi non siamo del parere che l’appartenenza religiosa possa essere considerata un’etnia; riteniamo invece corretta la definizione, contestata da Divjak, di “serbi e croati convertiti” all’Islam per definire l’“etnia” islamica e sbagliò a suo tempo il governo jugoslavo a riconoscere a chi si dichiarava islamico di costituirsi come etnia, fatto che portò alla guerra di religione che si scatenò in Bosnia.
La Bosnia-Erzegovina pretese l’indipendenza in base al fatto che i “bosgnacchi” (cioè gli abitanti di religione islamica) sarebbero stati in maggioranza, senza considerare che nel territorio vivevano anche serbi (ortodossi) e croati (cattolici), in maggioranza rispetto a loro; fu questo a scatenare la guerra che diede il via ad uno sterminio indiscriminato di tutti contro tutti: i serbi massacrarono croati ed islamici, i croati serbi ed islamici, gli islamici croati e serbi. Avere avallato, come comandante militare, la secessione armata, non è stato, a parere nostro, un atto di fratellanza né di civiltà: fosse stato “orgogliosamente jugoslavo”, Divjak non avrebbe accettato la politica dei dirigenti islamici del suo paese andando contro il governo centrale di Belgrado. Per questo motivo non ci sentiamo di unirci al quasi unanime coro che in questi giorni lo ha ricordato come difensore dei deboli ed internazionalista convinto.
A ciò aggiungiamo le posizioni allora espresse di politica internazionale. Ha accusato la Russia di occupare la Crimea nell’indifferenza dell’Unione Europea, mentre invece è stata la Crimea, con referendum, a scegliere l’annessione alla Russia: per coerenza con il suo passato secessionista, avrebbe dovuto riconoscere il diritto all’autodeterminazione della gente di Crimea; né possiamo essere d’accordo con lui sulla necessità che la Bosnia Erzegovina entri nella Nato. Infine ci è sembrata un’opinione piuttosto discutibile asserire che il fanatismo islamico si sarebbe sviluppato in Bosnia solo dopo che in Europa fu creata animosità nei confronti dell’Islam.

La Nuova Alabarda ELCDD 16 aprile 2021






Nel marzo 2017, la Procura di Stato croata ha presentato un atto di accusa contro Divjak e diversi altri ufficiali del cosiddetto Esercito della BiH per crimini di guerra commessi contro i croati durante la guerra in BiH.

Comunque Nostro Signore che è buon giudice ci ha pensato. Divjak riposerà in eterno vicino a un Milosevic'

Dopo giorni e giorni che venivamo insultati e bannati sui social perchè dicevamo la verità, finalmente: 










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