Alla fine... una storia dolorosa che si è conclusa felicemente, quasi una svolta da favola. E non serve, credo, descrivervi quanto sia stato doloroso per qualcuno come Danijel Subašić vivere a Zara alla fine del secolo scorso. Era ancora piccolo, nel maggio del '91, alto giusto per riuscire a guardare fuori dalla finestra della sua stanza come gentaglia inferocita per strada rompeva le vetrine e saccheggiava la merce dai negozi dei serbi. A settembre aveva cominciato la scuola, in prima elementare, dove, oltre alle lettere scritte in maiuscolo e minuscolo e semplici operazioni matematiche, aveva imparato che era colpevole delle granate che cadevano sulla città, perché i nemici che dai villaggi attorno stavano sparando, per un incomprensibile, per lui ancora oggi in realtà sconosciuto, motivo erano in qualche modo "i suoi". Di notte si addormentava con le esplosioni delle bombe messe davanti alle case di alcune persone i cui padri si chiamavano come il suo, Jovo, oppure Milutin, Dušan, Uroš o Svetozar.
Ecco perché il nazionalismo è una stronzata
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