giovedì 24 febbraio 2022

Donbass, la guerra fantasma nel cuore d'Europa

 Straconsigliato 




Nella regione del Donbass, sul confine russo-ucraino è in atto un conflitto che ha visto l'Ucraina spezzarsi in due, ma che la scarsa attenzione dei media occidentali ha reso quasi invisibile. La popolazione delle autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk continua tuttora, a distanza di anni, a scontrarsi con l'esercito di Kiev. Attraversando le terre martoriate del bacino del Donec, tra aeroporti distrutti e villaggi devastati, dai campi profughi alla spettrale colonia penale abbandonata di Chernukhino, Sara Reginella, psicoterapeuta e autrice di reportage di guerra, ci mostra la dimensione umana e psicologica di questa guerra "fantasma" combattuta da miliziani atipici: gente comune, donne e uomini che si sono opposti al cambio di governo del 2014, da una parte ritenuto un golpe, dall'altra una rivoluzione democratica.


DONBASS LA GUERRA FANTASMA. Con Sara Reginella


Uscendo dalla logica degli schieramenti, dovremmo capire l'origine di questa guerra, analizzandola, comprendendola, a partire, ad esempio, da alcune domande.
Dov'era l'Occidente quando nei villaggi del Donbass i bambini vivevano negli scantinati? Dov'era nell'estate del 2014, quando le regioni di Donetsk e Lugansk subivano i bombardamenti aerei o il 2 maggio, quando i nazisti di Pravy Sektor compivano la mattanza nella Casa dei Sindacati di Odessa, spezzando le ossa a sprangate e bruciando vivi degli esseri umani che manifestavano per un sistema federale in Donbass? Dov'era quando il leader di un partito con simbolo l'emblema nazista del dente di lupo diventava presidente del parlamento ucraino?
Oggi a Rai Radio 3, alla trasmissione Fahrenheit, ore 15:30, parlerò di questa guerra a partire dal mio reportage.
Grazie a tutti voi che non vi voltate dall'altra parte, grazie a voi che ricercate risposte nella complessità, al di là delle semplificazioni di propaganda, vi chiedo di condividere queste informazioni e di raccontate come siamo arrivati a questo.
Ringrazio la casa editrice Exòrma Edizioni per aver dato voce alla narrazione di quella che è stata fino ad ora una guerra fantasma.
Sara Reginella



Le sanzioni alla Russia avranno l'effetto di affamare l'Europa: dobbiamo opporci a quello che sta accadendo.
Nell'intervista a Rai News 24 ho cercato di spiegare i motivi della guerra in Donbass, che dura da otto anni.
Il conflitto rischia di espandersi, ma noi dobbiamo fare resistenza, comprendendo e divulgando le reali origini di questa guerra.
Il lavoro iniziato otto anni fa con i miei primi video sul Donbass, proseguito col documentario "Start Up a War. Psicologia di un conflitto" e culminato col reportage "Donbass. La guerra fantasma nel cuore d'Europa", edito da Exòrma Edizioni, è stato faticoso, quindi ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno supportata in questi anni e che questa sera mi hanno scritto dopo il mio intervento in Rai.


Ho la famiglia in Ucraina, se mi chiedete se sono preoccupata vi rispondo Si. Ma la mia preoccupazione è liberatoria perché credo profondamente che Russia sappia gestire in modo migliore la situazione, anzi, lo so che sarà proprio così. Questione non è territoriale ma umano. Guerra civile in Ucraina dura da 8 anni, è arrivata l'ora di finirla liberando i popolo russofono dall'aggressione ucroamericana! Io sono ucraina russofona, ho sofferto per 8 anni lo sterminio della gente del Donbass, ho pianto ogni giorno con ogni madre del Donbass, ho pianto ogni giorno con ogni madre di Odessa, Charkov, Zaporogie che videro uccidere loro figli dai gruppi nazisti dell'ucraina, ho pianto per ogni legge russofoba, per ogni giornalista ammazzato in Ucraina, per ogni oppositore picchiato e imprigionato.
In questo momento milioni ucraini di lingua russa e lingua ucraina preparano i fiori per accogliere l'esercito russo e pregano di liberarli dal male assoluto che si impadronì del paese dopo la golpe dell'estrema destra nel 2014.
Non è questione del territorio ma di umanità!
Quella della Russia non è aggressione ma liberazione dal fascismo ucraino!
Autrice: Svetlana Svetlana, cittadina ucraina russofona



Negli ultimi giorni, ho incontrato sedicenti pacifisti che legittimano e plaudono l'invio di armi in Ucraina da parte del nostro paese.
Domando a questi pacifisti se sanno davvero cosa significhi stare in guerra.
Domando loro se hanno mai osservato lo sguardo di un'adolescente che fissa il vuoto tra le macerie, se hanno mai visto scendere le lacrime a un'anziana con la casa distrutta o se, tra edifici abbattuti, hanno mai scorto gli occhi disperati di un cane solo, perduto.
Armare un popolo "purché si uccidano tra loro", mentre noi ce ne stiamo comodi (per ora) al computer o ci ripuliamo la coscienza sventolando bandiere colorate, non servirà a costruire un percorso di pace.
Per anni, in troppi si sono voltati dall'altra parte, mentre l'Ucraina veniva equipaggiata militarmente e il popolo del Donbass lasciato morire.
Dunque, non si può piangere per un popolo e sventolare bandiere, mentre si accetta che il proprio paese lo armi.
Questo non è pacifismo, questa è una pessima recita, questa è ipocrisia.
La soluzione diplomatica del conflitto deve essere l'unica via percorribile.
Ne ho parlato oggi, a Milano, al BookPride.
Ringrazio Greta Privitera del Corriere della Sera per aver presentato il mio reportage e quanti sono intervenuti, mostrando con la propria presenza, la vicinanza al popolo ucraino e al popolo delle regioni del Donbass.
Sara Reginella

Dopo che Zelensky ha ufficialmente bandito i restanti partiti di sinistra (quello comunista era già stato messo al bando nel 2015), i suoi sceneggiatori gli indicano la mossa successiva: terminare la videoconferenza al vertice NATO di Buxelles col pugno chiuso.
Perché?
Per confondere.
Perché un’immagine è più potente delle parole, qualsiasi sceneggiatore lo sa, e quel pugno ci dice molte cose.
Quel pugno ci dice che il problema dell’ultranazionalismo in Ucraina non esiste. Ci dice che di rifugiati politici in Ucraina non ce ne sono mai stati. Che non vi è mai stato nessun morto tra i dissidenti. Che nessun n4zista di nome Bandera è diventato eroe nazionale. Che nessuna bandiera dei collaborazionisti di H1tler è mai stata sventolata nel 2014, durante una rivoluzione democratica.
E il battaglione Azov? Un’aggregazione in cui si legge Kant, dicono i media. Per questo motivo, forse, il presidente Zelensky ha conferito il titolo di “eroe dell’Ucraina” a Denis Prokopenko, comandante dello stesso battaglione.
Cosa dire, invece, degli altri battaglioni punitivi neon4zisti, regolarmente inseriti nell’esercito ucraino? Il Dnepr, il Donbass, l’Aidar? Nulla, non se ne parla, quindi non c’è niente da dire.
Persino il massacro compiuto dagli estremisti del Settore Destro contro i civili a Odessa: non è stato mostrato, quindi evidentemente non c’è stato.
E otto anni di guerra in Donbass, i profughi, le migliaia di vittime, i disabili?
Spariti, non ci sono prove, forse è partito solo qualche sparo.
I media russi che potevano testimoniare sono stati oscurati in Occidente.
È stato cancellato quasi tutto. Non si può più verificare.
Restano quattro pazzi a gridare che questa è fiction, non è la realtà.
La fiction e il pugno chiuso.
Gli sceneggiatori di Zelensky usano la stessa tecnica utilizzata all’epoca del movimento Otpor (in serbo: “resistenza”), il cui simbolo era appunto un pugno chiuso.
Il movimento, che alle elezioni in Serbia ottenne appena il 2% dei voti, ma che ebbe una sovraesposizione mediatica in Occidente, utilizzava un’insospettabile estetica di sinistra per promuovere una politica di destra.
Nulla di nuovo dunque: si svuota l’oggettività del suo significato e, mistificando il reale, si falsificano deliberatamente i fatti.
Chi è ancora lucido, coglie la differenza che c’è tra fiction e realtà.
Del resto, non erano reali neanche le armi chimiche, pretesto usato per distruggere l’Iraq: la stessa provetta agitata da Colin Powell faceva parte di una fiction. Ormai si sa.
Ma le armi sono state usate nella realtà.
La guerra non è un film, i morti sono veri.
In molti vogliono la pace, in molti dichiarano di volere la fine dell’occupazione russa.
Ma nessuna mediazione è possibile nella fiction, al di là della realtà.
Sara Reginella

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