30 anni fa i croati massacravano i serbi e oggi la Croazia festeggia su quei morti. Donne anziane bruciate vive nelle loro case perchè non erano riuscite a fuggire
A nessuno importa nulla e tutti sono pronti a far passare i serbi come criminali per Srebrenica
Vergognatevi!
+3 AGOSTO 1995 + A Ginevra falliscono i negoziati tra le autorità croate e i serbi della Krajina.
Bombardate città croate al confine, come Gospić. Caccia Jastreb decollano da Ubdina, nella Krajina, e bombardano Bosansko Grahovo e Glamoć, in palese violazione della no-fly-zone, ma gli aerei Nato non intervengono.
Mladić informa l’Onu di aver ucciso il colonnello Palić, comandante bosniaco della difesa di Žepa: “Palić è stato ucciso in seguito a un impasse delle trattative”, come gli oltre 200 soldati musulmani rimasti in città. Palić si era offerto come garante nelle trattative per la salvezza dei civili.
“Ve ne andrete sani e salvi” disse Mladić ai prigionieri in una trattativa-farsa ripresa dalle tv internazionali
L'OLUJA TEMPESTA è alle porte
+ 4 AGOSTO 1995 + Dopo raid aerei USA sulle postazioni missilistiche serbe, condotti da aerei senza pilota decollati dall’isola di Brač, alle 5,00 l’esercito croato lancia l’OPERACIJA OLUJA (Operazione Tempesta) per la riconquista dei territori della Krajina. Le forze Onu sono avvertite che sta per iniziare un’operazione per “ristabilire la Costituzione, la legge e l’ordine”.
Un esercito di 200.000 uomini, di cui 120.000 mobilitati nei giorni precedenti, rioccupa il territorio, ripulendolo dell’intera popolazione, che abbandona i campi, le case, ogni bene, perfino pasti sulla tavola, per raggiungere con auto, trattori e altri mezzi la Bosnia e la Serbia.
Si oppone una forza serba a malapena di 60.000 uomini, di cui 20.000 inadatti alla battaglia. Mentre le artiglierie e i carri armati sputano sui serbi tonnellate di granate e dal cielo li martellano gli aerei della Nato, decollati dalla portaerei Roosevelt nell’Adriatico, Radio Zagabria diffonde un ipocrita messaggio di Tudjman, il “Supremo” croato, che invita le popolazioni serbe a restare nelle loro case e a non aver paura.
Coloro che accolgono l’invito finiscono di lì a poco trucidati. Molti sono uccisi lungo la strada, mitragliati da terra e dal cielo o vittime di sassaiole e linciaggi mentre attraversano i territori croati. L’operazione si rivela la più imponente, in termini di impiego di uomini e mezzi, dall’inizio del conflitto.
+ 5 AGOSTO 1995 + L’Armata croata Hvo si rende protagonista di una delle operazioni di “pulizia etnica” più rilevanti di tutto il periodo 1991-1995.
Nella Krajina, le milizie croate del gen. Ante Gotovina, spesso drogate e ubriache, compiono, nei giorni e nelle settimane successive, atrocità contro i civili serbi rimasti. Le truppe di “liberazione” entrano nelle deserte cittadine di Drniš, Vrlika, Kijevo, Benkovac, in certi punti superando persino il confine bosniaco. Zagabria impiega uno speciale reparto antiterrorismo chiamato Granadierine, i cui appartenenti portano sulla divisa un dragone rosso. Le forze serbo-bosniache sono costrette ad arretrare. Il generale bosniaco mussulmano Dudaković dopo furiosi combattimenti a Ličko Petrovo Selo stringe la mano al collega croato Mareković sul ponte di Trzačka Rastela, che scavalca il fiume Korana, il confine tra Bosnia e Croazia.
Soldati croati sparano contro una posizione Onu tenuta da militari cechi, ne feriscono cinque, due muoiono dissanguati perché i croati ne impediscono l’evacuazione.
Si stima che 200-250mila serbi siano obbligati alla fuga davanti all’esercito croato. I fondati timori di una “contro-pulizia etnica”, costringono alla fuga migliaia di civili serbi. Secondo Amnesty International, tutte le case abitate dai serbi sono saccheggiate, un terzo dato alle fiamme e interi villaggi distrutti. Gli 8mila chilometri quadrati della Krajina, della Slavonia occidentale e della Dalmazia tornano sotto il controllo croato dopo quattro anni, anche grazie agli accordi segreti tra Zagabria, Belgrado e Washington. Nonostante gli appelli del leader serbo della Krajina Martić e di quello serbo-bosniaco Karadžić, Milošević ordina all’Armata federale di rimanere inattiva di fronte all’offensiva croata, che sfonda ovunque e conquista Knin, dove sono catturati anche 200 soldati Onu. Un debole corridoio umanitario sarà approntato, per tacitare le deboli riprovazioni del Consiglio di Sicurezza e il richiamo del Gruppo di Contatto. Le reazioni all’Operazione Oluja-Tempesta sono molteplici e di segno diverso. Mentre Russia e Unione europea condannano l’offensiva, gli Usa dichiarano di comprenderla e giustificarla perché elemento decisivo per la stabilizzazione dei Balcani. Si prospetta una divisione del territorio bosniaco tra la parte serba e quella croato-musulmana. Un ufficiale di collegamento croato racconta alla stampa che alcune settimane prima il gen. Vuono della Mpri ha avuto un incontro segreto nell’isola di Brioni con il gen Červenko, capo di Stato maggiore croato, l’architetto della campagna di Krajina. Nei giorni che hanno preceduto l’attacco si sono tenute almeno dieci riunioni tra il gen.Vuono e gli ufficiali croati che pianificavano l’operazione. Il 5 agosto, giorno della presa della capitale della Repubblica serba di Krajina, Knin, è festa nazionale in Croazia.
Bruno Maran. Dalla Jugoslavia alle repubbliche indipendenti
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