martedì 20 settembre 2022

La fuga è fallita: la Croazia ritorna nei Balcani






Da anni ci chiedevamo chi è in Croazia che non ha studiato la storia e la geografia e adesso sembra che sia proprio la presidente che si dimentica di commemorare i i morti di Jasenovac che abbia detto una "roba" tanto fuori posto 

La fuga è fallita: la Croazia ritorna nei Balcani


La presidente croata è nota per le sue uscite infelici. L’anno scorso ha smentito di aver dichiarato, in un’intervista rilasciata a un quotidiano austriaco, che i musulmani croati hanno paura dei migranti e che questi ultimi non sono in grado di integrarsi. Sempre nel 2018, durante una visita ufficiale in Argentina, ha dichiarato che dopo la Seconda guerra mondiale molti croati hanno trovato in Argentina uno spazio di libertà, mentre in Canada si è fatta fotografare con alcuni membri della diaspora croata che tengono in mano un ritratto di Ante Pavelić, fondatore dello Stato Indipendente di Croazia, stato fantoccio filofascista esistito durante la Seconda guerra mondiale.

Non è del tutto chiaro da quali fonti si informi la presidente croata, ma è più che evidente che non è molto abile nell’esprimersi in pubblico. Indubbiamente sempre più nervosa con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali in Croazia, perché non è per niente sicuro che venga rieletta per un secondo mandato, la Kitarović ricorre spesso a una retorica simile a quella di Donald Trump: linguaggio populista e uso di luoghi comuni, il tutto accompagnato da una buona dose di ignoranza. Sono queste le principali caratteristiche delle sue uscite pubbliche.

Negli anni Novanta Alija Izetbegović aveva cercato un alleato in Tuđman, primo presidente della Croazia indipendente, il quale però era sempre ossessionato dal desiderio di dividere la Bosnia Erzegovina. La prima scelta e il partner “ideale” di Tuđman fu in tal senso Slobodan Milošević. Tuđman aveva preparato il terreno per Kolinda Grabar Kitarović, gettando le fondamenta della Croazia di oggi, considerata un “avamposto” della cristianità; un paese circondato dal filo spinato dove i musulmani sono i benvenuti purché si impegnino a diventare veri croati.

Le autorità croate ricorrono a diverse strategie per limitare il numero degli stranieri, compresi i cittadini bosniaco-erzegovesi, in Croazia, tra cui una legge che prevede che i cittadini stranieri proprietari di un immobile in Croazia possano soggiornare nel paese per un periodo massimo di 90 giorni consecutivi nell’arco di un anno e, al pari dei turisti, debbano pagare l’imposta di soggiorno per ogni giorno trascorso in Croazia. L’atteggiamento delle autorità croate nei confronti dei cittadini bosniaco-erzegovesi, un atteggiamento sostanzialmente dispotico, deriva perlopiù dal fatto che la maggior parte dei croati non ha mai accettato che la Croazia sia stata invasore, ovvero aggressore in Bosnia Erzegovina.

La maggior parte dei cittadini croati si rifiuta di accettare il fatto che il Tribunale dell’Aja abbia condannato i leader politici e militari dell’entità parastatale dell’Herceg Bosna per un totale di 111 anni di reclusione, riconoscendoli colpevoli di impresa criminale congiunta. Lo sanno tutti, lo sa l’Europa cristiana, lo sa ogni semplice cittadino croato, in fin dei conti lo sa anche Kolinda Grabar Kitarović. Ma come ammettere che la politica dei fondatori dello stato croato moderno sia sfociata nella creazione dei campi di concentramento in Erzegovina, ovvero in un’impresa criminale congiunta?

Negli ultimi anni le relazioni tra Croazia e Bosnia Erzegovina si sono ulteriormente deteriorate. Se un giorno la Croazia inizierà a chiedersi sinceramente: che cosa diavolo abbiamo fatto in quella guerra contro la Bosnia Erzegovina?, forse allora sarà possibile compiere un passo avanti nei rapporti tra i due paesi. Ipotesi che, al momento, sembra poco probabile. Tale catarsi e autoriflessione richiede una società matura. Anche se la Croazia dovesse avviare un processo di riflessione, ciò non basterà a soddisfare le aspettative dei semplici cittadini. Perché fin dalla dissoluzione della Jugoslavia, la Croazia, ovvero il più grande partito croato (l’Unione democratica croata, HDZ) ha una propria filiale in Bosnia Erzegovina, l'HDZ BiH, che negli ultimi 25 anni ha quasi sempre governato il paese. E quasi sempre ha condotto una politica che andava a vantaggio della Croazia e a svantaggio della Bosnia Erzegovina.

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Dal nostro inviato in Macedonia: Rodolfo