mercoledì 15 marzo 2023

NEONAZISMO IN CROAZIA




 Il Parlamento europeo glorificherà il cardinale degli Ustaše

Il 21 marzo l'edificio del Parlamento europeo ospiterà il convegno "Beato Aloysius Stepinac - testimonianza di fede, fermezza e speranza". L'evento è stato organizzato dalla deputata Zeljana Zovko (Croazia). Sono attesi relatori che parleranno della vita e dell'eredità del cardinale, collaboratore del regime ustascia .
L'opinione pubblica serba e la Chiesa ortodossa serba ritengono Stepinac responsabile del sostegno al genocidio del popolo serbo nello Stato croato indipendente, nonché della sua conversione forzata alla fede cattolica.
Allo stesso tempo, non è la prima volta che l'“architetto del genocidio” viene glorificato proprio nel cuore dell'Europa. Tutti nello stesso Parlamento europeo nel 2018 hanno celebrato una messa in occasione del 20° anniversario della proclamazione di Stepinac “beato”. Nel 2016 si è tenuta a Bruxelles una mostra sul primate croato e lì si è tenuto anche un "simposio sulla vita e l'opera di Stepinac".
Tuttavia, la questione della canonizzazione del cardinale al momento non è all'ordine del giorno del Vaticano. «Papa Francesco è molto preoccupato per gli avvenimenti nel mondo e non vuole aprire un altro problema, soprattutto tra due Chiese nel sud-est dell'Europa», ha spiegato il sacerdote vaticano.
Abbiamo scritto di più sui crimini del regime ustascia contro i serbi, sostenuti dalla Chiesa cattolica romana, nella sezione "Neonazismo in Croazia".
RT Balcani
JUGOCOORD SEGRETERIA ONLUS


Croazia, le lettere segrete del cardinale Stepinac che pesano sull’iter di santificazione
Nelle missive, rimaste sepolte per decenni negli Archivi vaticani, parole ambigue sulle «leggi contro gli ebrei» e il regime di Pavelić
STEFANO GIANTIN
31 Marzo 2021 pubblicato su Il Piccolo
Nella foto Il cardinale Stepinac
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BELGRADO. Un uomo di profonda fede in odore di santità o un don Abbondio ondivago, incapace di opporsi a orribili crimini. L’unica certezza è che quella figura descritta in modi opposti continua a essere profondamente divisiva, nei Balcani. È il cardinale Alojzije Stepinac, arcivescovo di Zagabria durante il regime ustascia durante la Seconda guerra mondiale, dal 1998 beato per la Chiesa cattolica e con un processo di canonizzazione in corso.
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Stepinac è tornato ora alla ribalta nella regione, dopo l’emergere di lettere - sepolte per decenni negli Archivi vaticani - che sarebbero state inviate dall’allora primate della Croazia a papa Pio XII nella tarda primavera del 1941 e conterrebbero passaggi «profondamente problematici». È proprio questo l’aggettivo usato dal neo-patriarca serbo-ortodosso Porfirije, che in un’intervista alla Tv pubblica croata ha evocato l’esistenza delle missive, seppur in qualche modo giustificando con grande cautela Stepinac, uomo da non leggere «in bianco e nero» giacché vissuto in un periodo complicato, ha detto il patriarca.
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La problematicità è emersa però in tutta la sua forza quando lo storico croato Hrvoje Klasić ha svelato alcuni di quei passaggi ambigui. Fra essi, uno in cui il cardinale, scrivendo al Papa nel maggio 1941 sull’introduzione delle «leggi contro gli ebrei» appena approvate in Croazia, parla di norme assai «meno cattive» di quelle che gli alleati tedeschi avrebbero imposto «se avessero preso nelle loro mani la situazione», ha svelato Klasić. Di certo, ha sostenuto lo storico, nelle lettere appare evidente il sostegno di Stepinac al regime di Ante Pavelić.
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Il riferimento: «Il ministro della Guerra» dello Stato ustascia, Slavko Kvaternik, «mi ha garantito con certezza: la Croazia sarà cattolica o non esisterà» più e per questo «abbiamo il dovere di appoggiarlo con tutta la lealtà e la forza che abbiamo».
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Ma il passaggio che deve aver inquietato Porfirije è un altro. È quello contenuto nella lettera datata giugno 1941 in cui Stepinac scrive al Papa di credere che «se il poglavnik», il duce Pavelić, «restasse per vent’anni a capo del Governo, gli scismatici in Croazia sarebbero del tutto liquidati». Liquidazione che è una parola pesantissima e che è risuonata con violenza in Serbia, dove ancora oggi rimangono aperte le ferite di Jasenovac e dei massacri perpetrati dagli ustascia.
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E dove la canonizzazione del cardinale – un progetto ora in stallo ma che sta bloccando da anni anche la prima visita di un Papa cattolico a Belgrado - rimane un limite da non valicare. Quelle lettere sono «la prova evidente dell’appoggio» di Stepinac agli ustascia, ha così affermato lo storico serbo Milan Koljanin, mentre il giornale filogovernativo Vecernje Novosti, citando fonti vaticane, ha sostenuto che le missive sarebbero solo «la punta di un iceberg» imbarazzante. Ancora più duro Miodrag Linta, presidente del Consiglio dei serbi che vivono nella regione, che ha definito Stepinac un «criminale di guerra» il quale avrebbe favorito la pulizia etnica.
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Opposta la campana del postulatore della causa di canonizzazione, monsignor Juraj Batelja, che già dopo le parole del patriarca Porfirije aveva assicurato che in tutte le missive di Stepinac non ci sarebbe alcunché che potesse far «dubitare della coscienza pulita e della santità» del cardinale.
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Ma i dubbi sono tanti, nei Balcani e oltre, da lungo tempo. Lo confermano le dichiarazioni del presidente serbo Aleksandar Vučić, che l’anno scorso ha ringraziato il defunto patriarca Irinej per essersi battuto contro la santificazione di Stepinac. Il Vaticano stesso appare diviso: il cardinale Pietro Parolin aveva detto che fare santo Stepinac «deve rappresentare un momento di comunanza per l'intera Chiesa e non un gesto di conflitto o discordia», come appare essere ora, sempre di più.


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