Mentre l’Europa è alle prese con il conflitto in Ucraina, si sta ripresentando la disputa, che ciclicamente contribuisce a riaccendere le tensioni tra Belgrado e Pristina.
Lo scorso 21 ottobre il presidente serbo Aleksandar Vučić ha incontrato a Belgrado, su loro richiesta, gli ambasciatori degli Stati 'Quint' ovvero – USA, Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia - unitamente al capo della rappresentanza dell’Ue in Serbia, Emanuele Giaufret, che in un documento congiunto hanno espresso preoccupazione per i pericoli di instabilità nella regione, a soli dieci giorni dalla scadenza del termine per la reimmatricolazione in Kosovo dei veicoli con targa serba.
Vučić, condividendo i timori riguardanti la potenziale crescita di tensioni regionali, ha sottolineato che la Serbia crede fermamente nel dialogo, come mezzo per la soluzione delle questioni aperte, a beneficio non solo dei serbi ma anche degli albanesi residenti in Kosovo e Metohija ma senza tuttavia mettere in pericolo lo stato e gli interessi nazionali.
Nonostante, il 27 agosto scorso, le parti abbiano raggiunto un accordo, mediato da Bruxelles, sull’uso delle rispettive carte di identità per il movimento transfrontaliero, allentando temporaneamente la tensione, lo scambio di accuse reciproco non è mai giunto al termine e la problematica, data dall’intenzione di Pristina di non riconoscere la validità delle targhe serbe in Kosovo, rimasta insoluta, si ripresenta come possibile elemento destabilizzante nella regione balcanica.
Sempre il 21 ottobre, a distanza di poco meno di due mesi, il portavoce dell’Unione europea, Peter Stano ha confermato che l’Ue ha chiesto alle istituzioni temporanee di Pristina di posticipare di 10 mesi il termine per la conversione delle targhe serbe al primo settembre del prossimo anno, tentando -de facto- di rimandare più che di risolvere un problema che a seconda degli eventi potrebbe aggravare la già drammatica situazione globale.
Velimir Tomovic
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