Dopo l’Ucraina l’attenzione resta alta sui Balcani.
Secondo l’ex diplomatico americano e politologo, James Jatras, l’esito della crisi ucraina condurrà entro pochi anni a importanti cambiamenti geopolitici globali.
Jatras, intervistato lo scorso 19 novembre dall’agenzia di stampa russa Sputnik, ha sottolineato peraltro che il destino dei serbi è fortemente legato all’andamento del conflitto in Ucraina. Qualora infatti le potenze occidentali non ottenessero un esito a loro favorevole, potrebbero colpire in modo asimmetrico altrove, e tra i primi indiziati ci sarebbero i Balcani, in particolare Bosnia-Erzegovina o Kosovo e Metohija.
“La NATO e gli Stati Uniti possono in qualsiasi momento alzare il livello di tensione in Kosovo e in Bosnia, colpendo uno stato considerato amico della Russia” ha affermato Jatras, che ha però proseguito sottolineando la difficoltà nel prevedere futuri eventi nei Balcani, dal momento che in primis dipenderebbero da quanto fermamente il governo serbo deciderà di stare al fianco del proprio popolo.
Belgrado infatti, nonostante le pressioni internazionali, non ha adottato sanzioni contro la Russia, riuscendo così a mantenere condizioni favorevoli per la propria stabilità economico-energetica ma, in tal modo, ha anche attirato le attenzioni “dei 30”, ovvero dei paesi membri della NATO, che guardano con rinnovato interesse al primo bersaglio di quei lontani anni ’90.
Intanto, l’attuale disputa delle targhe tra Belgrado e Pristina dimostra come l’Occidente spinga il riconoscimento del Kosovo, facendo leva sul principio di autodeterminazione dei popoli, lo stesso che viene negato alle regioni filorusse, obbligate a restare sotto un padrone indesiderato.
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