martedì 29 novembre 2022

Squallidi e penosi ustascia croati

 










Може Хрват у Катар, може и даље од тога, али не може усташа из Хрвата никуда!
Проклетство је то, тешко, да вазда бираш звер у себи за животног сапутника…
Мислим, наравно, на оне беднике што су превалиле хиљаде километара и спуцале силне новце да би и далеко од брдовитог Балкана- мрзели све српско!
Помислио би човек да су отишли да навијају за своје, утекли мало у топлије крајеве, но то само повело усташе на излет обећавши им добар провод, без примисли на спортско, разуме се, мржња је далеко боља забава.
Болест је то опака, читавог живота инвестирати у пакао као једину некретнину коју заиста имају…
И, шта су бедници суштински доказали развивши и пред стадионом, а потом и иза гола Милана Борјана, заставу с проклетим натписом: „Олуја 95“, уз обавезну иконографију трактора?
Да су врли „домољуби“, да су силно храбри, да им је Хрватска на срцу, или да на место срца имају хладну, црну, зјапећу рупу, ко вртачу у коју би сваког Србина и све српско?!
Милан Борјан се као дете обрео у избегличкој колони, као дете је узмицао пред смрћу, као дете је за дан одрастао и остарио само зато што је- Србин!
А, бедници живе да га читавог живота подсећају на јад који је проживео, на јад који многи Срби нису преживели, на јад који свако ко му је утекао мора да живи довека јер може Хрват куд хоће, али усташа из њега неће никуда!
Речју, према оној Декубертеновој: „Није важно победити- важно је учествовати“, ове звери нису победиле, не може зло да победи, али јесу учествовале- у вечитом надметању ко ће више, ко ће боље, ко ће фанатичније мрзети Србина само зато што је Србин?!
Но, оно што не схватају: Србин све што има спакује у душу и понесе, скућиће се питом и на камену, а они ни у кући немају дома, где год пођу ко окове ће вући: Јасеновац, Јадовно, Јастребарско, Стари брод, Градишку, Пребиловце, јаме, вртаче, „Бљесак“, „Олују“…
Од усташе у себи не могу да побегну, не желе, лакше им је бити звер, за човека је прекасно...


Un croato può andare in Qatar, può andare anche più lontano, ma un serbo non può andare da nessuna parte
È una maledizione, che tu scegli sempre la bestia dentro di te come compagna di vita...
Sto pensando, ovviamente, a quei disgraziati che hanno percorso migliaia di chilometri e speso un sacco di soldi per stare lontano dai Balcani - odiano tutto ciò che è serbo!
Si direbbe che sono andati a tifare per i propri, scappati un po' nelle zone più calde, ma che hanno portato il loro fascismo in gita, promettendo un bel divertimento, senza considerare lo sport, ovviamente, l'odio è divertimento di gran lunga migliore.
È una malattia feroce investire tutta la vita all'inferno come l'unico immobile che hanno davvero...
E, cosa hanno sostanzialmente dimostrato i disgraziati sviluppando sia davanti allo stadio, sia dietro il gol preso da Milan Borjan, una bandiera con la scritta maledetta: "Storm 95", con l'iconografia obbligatoria di un trattore
Se fossero molto "patrioti", se fossero potenti coraggiosi, se la Croazia fosse nei loro cuori, o se avessero un freddo buco nero e freddo al posto del cuore, chi farebbe girare ogni serbo e tutto ciò che serbo?!
Milan Borjan è cresciuto da bambino in una colonna di profughi, da bambino ha pianto prima di morire di fame, da bambino è cresciuto e invecchiato in un giorno solo perché è serbo!
E, il disgraziato croato vive per ricordargli tutta la vita la miseria che ha vissuto, la miseria che molti serbi non sono sopravvissuti, la miseria che tutti quelli che gli sono sfuggiti devono vivere in eterno perché un croato può andare dove vuole, ma un serbo no
Parola d'ordine, secondo Dekubertenova: "Non è importante vincere - è importante partecipare", queste bestie non hanno vinto, il male non può vincere, ma hanno partecipato - all'eterna competizione chi farà di più, chi farà meglio, chi odierà un Serbo più fanaticamente solo perché lui è un serbo?!
Ma, quello che non capiscono: un serbo impacchetta tutto quello che ha nell'anima e se lo prende, arriverà a casa con una torta e su una pietra e non hanno nemmeno una casa in casa, ovunque vadano: Jasenovac, Jadovno, Jastre Barsko, Nave Stari, Gradiška, Prebilovce, fosse "Flash", "La tempesta"...non verrà mai scordato
Non possono scappare da Ustasha in sé, non vogliono, è più facile che siano bestie, è troppo tardi per un uomo...
MICHAILO MEDENITSA per IN4S

Scusate la pessima traduzione ma il concetto si capisce. I croati sono educati dalla nascita a odiare tutto cio' che è serbo













Nell’atteggiamento arrogante e pseudo-coloniale della leadership croata (politica e calcistica) nei confronti della Bosnia Erzegovina vi è qualcosa di deleterio. Qualcosa che impedisce ai cittadini bosniaci di tifare Croazia senza riserve e per motivi prettamente sportivi




Una alta corte croata ha dichiarato legittimo e ammissibile il detto "Per la patria pronti", una sorta di versione croata di Heil Hitler, nelle canzoni del controverso cantante Marko Perkovic Thompson, considerato in Croazia un'icona della destra nazionalista. La decisione, presa con una maggioranza di 15 contro 5 giudici del Tribunale d'appello per le infrazioni, ammette l'uso di questo saluto se riferito alla guerra per l'indipendenza della Croazia, combattuta dal 1991 al 1995 contro le forze serbe comandate da Belgrado. La canzone per la quale contro il cantante è stata sporta denuncia molte volte e che inizia con il grido "Za dom spremni” (Per la patria pronti) è stata composta nel 1991 e canta dei soldati croati che combatterono contro i ribelli serbi nell'entroterra della Dalmazia. Tale detto però fu dal 1941 al 1945 il saluto ufficiale dagli ustascia croati, alleati di Hitler e Mussolini, responsabili della morte di centinaia di migliaia di serbi ed ebrei. Nel 1991 alcune formazioni paramilitari croate si ispirarono a questo movimento fascista croato e andarono in guerra come volontari sotto il saluto "Per la patria pronti". Nel 1992 queste formazioni furono integrate nell'esercito regolare croato e formalmente furono obbligate a rinunciare al saluto ustascia. E' la prima volta che un tribunale croato ha ammesso, anche se in circostanze speciali, l'uso del controverso saluto. La Corte Costituzionale ha in passato dichiarato inammissibile l'uso di "Za dom spremni” in qualsiasi contesto, considerandolo un chiaro riferimento agli ustascia e una forma di incitamento al fascismo e all'odio etnico. (ANSAmed)





ANNO 2018

Anche lo strepitoso cammino della nazionale croata verso la finale dei Mondiali di Mosca è stato segnato da episodi controversi, che hanno coinvolto due dei suoi giocatori più rappresentativi. Il primo si riferisce al difensore Dejan Lovren, il quale, in seguito alla splendida vittoria ottenuta contro la più quotata Argentina, ha postato un video dei festeggiamenti all’interno dello spogliatoio croato, in cui cantava la celebre canzone nazionalista “Za Dom Spremni”, dal noto motto del regime fascista croato degli ustaša.

Il secondo episodio, invece, ha visto come protagonista Domagoj Vida che, in seguito alla vittoria ottenuta ai quarti di finale contro la nazionale russa ed in virtù di un passato calcistico tra le fila della Dinamo Kiev, ha festeggiato la vittoria scandendo a gran voce “Gloria all’Ucraina”, il motto dei nazionalisti ucraini riesumato durante le proteste di Maidan. La FIFA, sull’onda di quanto accaduto ai giocatori della nazionale elvetica, ha inflitto una sanzione economica di 15.000 franchi svizzeri al giocatore croato, denunciando, per l’ennesima volta, il carattere provocatorio e politico dell’esultanza. Anche in questo caso, diverse personalità politiche non sono rimaste indifferenti, andando in supporto di Vida; nello specifico, il Presidente ucraino Petro Poroshenko ha ringraziato pubblicamente il calciatore croato offrendo di pagare la sanzione inflittagli.



Immaginate a questi "giocatori" quanto gli interessa il calcio!



Granit Xhaka non sarà punito per aver apparentemente infranto una regola della FIFA sulla politica sul campo di calcio. La loro partita contro la Serbia è stata un incontro acceso considerando la rivalità tra le due nazioni. Xhaka è stato ripreso dalla telecamera mentre si teneva l'inguine sulla panchina serba, cosa che ha scatenato una reazione rabbiosa da parte loro. Dopo la partita, il centrocampista ha indossato una maglia svizzera con sopra scritto il nome Jashari. Sembrava fare riferimento ad Adem Jashari che ha fondato l'Esercito di liberazione del Kosovo. Tuttavia, dopo la partita, ha affermato che si trattava del suo compagno di squadra Ardon Jashari, e The Sun rivela che è sfuggito a una multa della FIFA. Avendo in qualche modo evitato un solo cartellino rosso durante un tempestoso scontro con la Serbia nell'ultima partita del girone, la squadra di Murat Yakin non ha squalifiche da affrontare, ma Manuel Akanji, Fabian Schar e Granit Xhaka sono tra i sette giocatori a un'ammonizione dal perdere un potenziale quarto di finale.





Essere nel paese dei miei nonni non ha prezzo! Tu sei un pagliaccio di Instagram che confonde sport e politica. Questo non ha nulla a che fare con la guerra, ma dal momento che ne parli, me e il mio paese abbiamo vissuto tutta questa me**a e nessuno ci ha mai supportato. Quindi, per favore, chiudi quella c***o di bocca” (Troicki).
Veramente? E cosa dovremmo dire di te, Mr combattente per la libertà su Instagram? Te o qualcuno della tua famiglia ha mai boicottato o protestato quando le forze della NATO hanno bombardato il mio paese e la mia gente una ventina di anni fa?” (Tipsarevic).









Pablo Sarabia, giocatore della nazionale spagnola, ha preso in giro gli albanesi. Ben fatto, amico!
La nazionale di calcio spagnola giocherà contro il cosiddetto Kosovo come parte delle qualificazioni ai mondiali e Pablo ha indirettamente trollato lo stato autoproclamato in conferenza stampa rifiutandosi di dire il loro nome. Non ha mai detto "Kosovo" durante la conferenza, ma li ha chiamati ogni volta solo "la squadra locale".
Un giornalista albanese gli ha chiesto tante volte (in spagnolo) perché dice sempre "squadra locale" e non "Kosovo" e Pablo ogni volta rispondeva che non capisce la domanda.








In quei territori, come ha scritto Scotti nel suo libro Croazia, operazione Tempesta, (pubblicato a Roma nel 1996 dalla Gamberetti Editrice con prefazione di chi scrive), «fu cacciata quasi interamente la popolazione serba che vi abitava da secoli, fu attuata una radicale e sanguinosa pulizia etnica in Croazia». A sedici anni di distanza i seguaci di estrema destra della lista croata chiedono vendetta ovvero l’«eliminazione» di Giacomo Scotti. Come se non bastassero le minacce, quelli del Hrvatski List sono intervenuti anche sulle pagine croate di Wikipedia inserendo una nuova pagina di calunnie e di vergognose accuse contro lo scrittore italiano per il quale l’espressione meno oltraggiosa usata è quella di «omiciattolo». Ne è stata pertanto modificata e falsificata la biografia e presentato con questi attributi: fascista, comunista, fascista rosso, esponente dell’irredentismo italiano, traditore della Croazia. Con una interpellanza al comune di Fiume-Rjeka, che nel 2008 assegnò a Scotti il premio Città di Fiume per l’opera omnia in letteratura e per avere conseguito all’amicizia tra i popoli delle due sponde dell’Adriatico, l’esponente dei «difensori della patria» Cedo Butkovic ha chiesto l’annullamento di quel riconoscimento dato «al peggiore nemico della Croazia».

I fascisti croati minacciano di morte lo scrittore Giacomo Scotti


Giornalista, scrittore, poeta, l'intellettuale di frontiera con doppia cittadinanza italo-croata, Giacomo Scotti vive sotto minaccia di morte. Il giornale on-line dell'estrema destra neoustascia croata, Hrvatski List, ha pubblicato a fine dicembre un articolo del periodico zagabrese Hrvatsko Slavo in cui si accusa Giacomo Scotti, insieme ad altri – tra cui l'ex capo di Stato Stipe Mesic e l'attuale presidente Ivo Josipovic – di essere filo comunista e nemico dei croati. «Finalmente - scrive l'autore del testo di minacce, Josko Celan - gli ultimi generali croati accusati di crimini nella Krajina sono stati liberati e sono tornati a casa. Ora devono pagare coloro i quali li hanno accusati, è giunta l'ora di punire i nemici della Croazia».

Il giornalista e scrittore Giacomo Scotti minacciato di morte


Giacomo Scotti è uno scrittore italiano che dal 1947 vive tra Trieste, l’Istria e Fiume. Eppure adesso ha paura ad uscire di casa, perché c’è chi in Croazia lo vuole morto. «Già a Zagabria o a Spalato non posso mettere piede – ci racconta – perché, se mi riconoscono, mi fanno fuori». Infatti, tra i nemici dei neo-ustascia, estrema destra croata, prima di Stipe Mesić, l’ex capo dello Stato, e di Ivo Josipoić, attuale presidente, tutti definiti “filocomunisti”, viene Giacomo Scotti, che adesso ha 85 anni e alle spalle più di cento pubblicazioni, tra narrativa, saggistica e poesia.

GIACOMO SCOTTI, LA MORTE VIEN DALLA CROAZIA


Ci risiamo. Lo scrittore e intellettuale di frontiera Giacomo Scotti è di nuovo minacciato di morte. Drammatica la sua mail al nostro giornale: «La mia vita è in pericolo - scrive - il sito internet dell'estrema destra neoustascia croata-il hkv hr/hrvatski ha diffuso il 24 dicembre un articolo del periodico zagabrese Hrvatsko Slovo (Verbum Croaticum) nel quale vengo seppellito sotto una valanga di odio e mi si minaccia di "eliminazione"». La "colpa" di Scotti risale addirittura al 1996 quando pubblicò a Roma il libro-diario "Croazia-Operazione tempesta" in cui denunciò i crimini compiuti nella Krajina dall'esercito croato di Tudjman quali uccisioni di persone anziane e incendi di case abitate dai serbi, il tutto all'indomani della cosiddetta liberazione di quella regione abitata dai serbi. «Finalmente - scrive l'autore del testo di minacce, Josko Celan - gli ultimi generali croati accusati di crimini nella Krajina sono stati liberati e sono tornati a casa (i generali Ante Gotovina e Mladen Marka› ndr.). Ora devono pagare coloro i quali li hanno accusati, è giunta l'ora di punire i nemici della Croazia». Segue un elenco di nomi tra cui quello di Giacomo Scotti definito come «un traditore dei croati» e «un bastardo italo-serbo». Scotti è comunque in "buona" compagnia visto che nell'elenco dei punibili ci sono anche l'ex capo dello Stato croato Stipe Mesi„ e l'attuale presidente Ivo Josipovi„, entrambi definiti «filocomunisti»

Denunciò i crimini croati, teme per la vita


La campagna neofascista contro di lui, cominciata alla fine dell’anno appena trascorso, fatta «scoppiare» alla vigilia di Natale con il coinvolgimento dei vertici della città di Fiume-Rjeka, continua e si intensifica in queste prime settimane dell’anno nella forma di una vera e propria battuta di caccia intrapresa dagli estremisti del nazionalismo croato. Sul portale on-line del Hrvatski List, settimanale di estrema destra, si va allungando l’elenco di coloro, per lo più celati sotto pseudonimi o cosiddetti nomi di battaglia, che additano in Scotti «il più grande nemico della Croazia al di qua e al di là del fiume Drjina», chiedendo la sua lustracija, sostantivo che vuole dire, letteralmente, epurazione, eliminazione, liquidazione, annullamento. 

I fascisti croati minacciano di morte lo scrittore Giacomo Scotti


Secondo quanto riportato da il Piccolo di Trieste, infatti, il gruppo dell’estrema destra croata Hkv hr/hrvatski ha pubblicato sul suo sito internet un articolo in cui si accusa, tra gli altri, lo scrittore italo-istriano Giacomo Scotti di essere filo-comunista e nemico dei croati. L’articolo, apparso sul periodico zagabrese Hrvatsko Slovo il 27 dicembre scorso, elencava una lista di nemici della Croazia colpevoli di aver parlato di pulizia etnica dei serbi da parte dell’esercito croato durante l’invasione della Krajina, regione che da quasi quattro secoli era abitata da una popolazione di circa 300.000 serbi. Il reato di Scotti consisterebbe nell’aver fornito nel suo libro Croazia. Operazione Tempesta, pubblicato nel 1996, una dettagliata descrizione dei crimini compiuti dall’esercito croato di Tudjman guidato dai generali Ante Gotovina e Mladen Markacrecentemente assolti dopo la condanna per crimini di guerra dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia. Scotti racconta come durante l’operazione Tempesta i civili serbi vennero costretti alla fuga, le loro auto e il loro bestiame vennero rubati, le case saccheggiate e occupate da ufficiali dell’esercito croato. Una ricostruzione storica non accettata dai neo-ustascia, che vedono in Gotovina e Markac non solo degli eroi nazionali, ma dei veri e propri salvatori della patria.

Tensioni mai sopite tra Croazia e Italia. Giacomo Scotti minacciato dai neo-ustascia






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