Krajina 1995: “Sve čisto” (Tutto pulito) - non c'è più un serbo in Croazia disse Tudjman
+6 AGOSTO 1995 ++ Le milizie croate entrano a Petrinja, Kostajnica, Vrginmost, subito ribattezzata Gvozd, Korenica, Slunj, Plitvice, Cetingrad, Ubdina e altre località. Resistono ancora Glina e Topuško. Nella Knin conquistata sono centinaia i morti, decine le case distrutte, 30.000 i civili serbi che fuggono.
Il generale musulmano Dudaković ordina d’incendiare i villaggi serbi della Krajina occidentale nelle zone di Sanski Most, Petrovac, Kljuć.
Radio Zagabria annuncia che “la cosiddetta Krajina” non esiste più. Proprio a Knin il 17 agosto ‘90 iniziava la ribellione dei serbi di Croazia contro le autorità di Zagabria e migliaia di croati furono cacciati dalle loro case o uccisi dalla “pulizia etnica” serba.
Le 18,00 segnano la fine dell’+Operacija Oluja+. Tuđman, dall’alto della fortezza turco-veneta di Knin, può esclamare: “Finalmente il tumore serbo è stato strappato dalla carne croata!”. I neo-ustaša scandiscono, interrompendolo: “Ante, Ante”, esaltando i loro due “eroi”. Uno è Ante Pavelić, il podglavnik.
L’altro è Ante Gotovina, comandante del settore sud dell’Operazione. La sua immagine, riprodotta su centinaia di magliette e su grandi fotografie è offerta provocatoriamente per le strade di Knin, dove si cantano inni fascisti, sventolando stendardi nero-teschiati. Una gigantografia di Gotovina è piantata sulla pietraia carsica. Diventerà l’“eroe” fuggiasco, in quanto ricercato dal Tpiy per crimini di guerra e contro l’umanità commessi contro la popolazione serba. Gotovina è accusato della morte di 150 civili serbi e, con altri membri dell’Hvo, di aver perseguitato e espulso oltre 200.000 serbi dalla Krajina
6 agosto 1995
Le reazioni all’Operazione Tempesta-Oluja sono molteplici e di segno diverso. Mentre Russia e Unione europea condannano
l’offensiva, gli Usa dichiarano di comprenderla e giustificarla perché elemento decisivo per la stabilizzazione dei Balcani.
Le milizie croate entrano a Petrinja, Kostajnica, Vrginmost, subito ribattezzata Gvozd, Korenica, Slunj, Plitvice, Cetingrad, Ubdina e altre località. Resistono ancora Glina e Topuško.
Nella Knin conquistata sono centinaia i morti, decine le case distrutte, 30.000 i civili serbi che fuggono.
Radio Zagabria annuncia che “la cosiddetta Krajina” non esiste più. Proprio a Knin il 17 agosto ‘90 iniziava la ribellione dei serbi di Croazia e migliaia di croati furono cacciati dalle loro case o uccisi dalla “pulizia etnica” serba.
Le 18,00 segnano la fine dell’Operacija Oluja. Tuđman, dall’alto della fortezza turco-veneta di Knin, può esclamare: “Finalmente il tumore serbo è stato strappato dalla carne croata!”.
Le agenzie di stampa diffondono una foto di Tudjman in una
ridicola divisa bianca ornata da orpelli dorati, decorazioni e simboli croati, tanto che l’Economist vi aggiunge la didascalia “Napoleon Tudjman”.
I neo-ustaša scandiscono, interrompendolo: “Ante, Ante”, esaltando i loro due “eroi”. Uno è Ante Pavelić, il podglavnik. L’altro è Ante Gotovina, comandante del settore sud dell’Operazione. La sua immagine, riprodotta su centinaia di magliette e su grandi fotografie è offerta provocatoriamente per le strade di Knin, dove si cantano inni fascisti, sventolando stendardi nero-teschiati. Una gigantografia di Gotovina è piantata sulla pietraia carsica. Diventerà l’“eroe” fuggiasco, in quanto ricercato dal Tpiy per crimini di guerra e contro l’umanità commessi contro la popolazione serba. Gotovina è accusato della morte di 150 civili serbi e, con altri membri dell’Hvo, di aver espulso oltre 200.000 serbi dalla Krajina..
Un ufficiale di collegamento croato racconta alla stampa che alcune settimane prima il generale Vuono della Mpri ha avuto un incontro segreto nell’isola di Brioni con il gen. Červenko, capo di Stato maggiore croato, l’architetto della campagna di Krajina. Nei giorni che hanno preceduto l’attacco si sono tenute almeno dieci riunioni tra il gen. Vuono e gli ufficiali croati che pianificavano l’operazione.
6 agosto 1995, continua la cronaca postuma.
Le milizie croate entrano a Petrinja, Kostajnica, Vrginmost, subito ribattezzata Gvozd, Korenica, Slunj, Plitvice, Cetingrad, Ubdina e altre località. Resistono ancora Glina e Topuško.
Nella Knin conquistata sono centinaia i morti, decine le case distrutte, 30mila i civili serbi che fuggono.
Il generale musulmano Dudaković ordina d’incendiare i villaggi serbi della Krajina occidentale nelle zone di Sanski Most, Petrovac, Kljuć. Radio Zagabria annuncia che “la cosiddetta Krajina” non esiste più.
Proprio a Knin il 17 agosto ‘90 iniziava la ribellione dei serbi di Croazia contro le autorità di Zagabria e migliaia di croati furono cacciati dalle loro case o uccisi dalla “pulizia etnica” serba.
Le 18,00 segnano la fine dell’Operacija Oluja. Tudjman, dall’alto della fortezza turco-veneta di Knin, può esclamare: “Finalmente il tumore serbo è stato strappato dalla carne croata!”.
I neo-ustasha scandiscono, interrompendolo: “Ante, Ante”, esaltando i loro due “eroi”. Uno è Ante Pavelić, il podglavnik. L’altro è Ante Gotovina, comandante del settore sud dell’Oluja. La sua immagine, riprodotta su centinaia di magliette e su grandi fotografie è offerta provocatoriamente per le strade di Knin, dove si cantano inni fascisti, sventolando stendardi nero-teschiati.
Una gigantografia di Gotovina è piantata sulla pietraia carsica. Diventerà l’“eroe” fuggiasco, in quanto ricercato dal Tpiy per crimini di guerra e contro l’umanità commessi contro la popolazione serba. Gotovina è accusato della morte di 150 civili serbi e, con altri membri dell’Hvo, di aver perseguitato e espulso oltre 200.000 serbi dalla Krajina.
+8 AGOSTO 1995++ Ogulin, Josipdol, Vojnić, Plaški, Ličko Jesenice e Saborško sono ridotti a un deserto. Funzionari dell’Unhcr affermano di aver disposto l’invio di centinaia di feriti a Banja Luka e di aver visto decine di mezzi di trasporto incendiati. Fra Topuško e Dvor na Uni decine di migliaia di civili sono imbottigliati. Di tanto in tanto arriva qualche cannonata da lontano. Dai campi attraversati dalla strada che porta al confine, i contadini serbobosniaci offrono cibo e acqua ai profughi oppressi dal caldo e dalla sete. Da
Belgrado arriva l’ordine di accogliere in Serbia solo donne, bambini e anziani, respinti i profughi in grado di combattere. Caschi blu ucraini riportano che soldati bosniaci hanno incendiato case in località della Banovica croata.
Akashi, Milošević e Janvier s’incontrano per discutere le sorti della Slavonia.
+Roger Charles+, un tenente-colonnello in pensione e ricercatore della Marina americana, premiato per la sua opera dalla Investigative Reporter and Editors Association, è convinto che la +Mpri + è abbia svolto un importante ruolo nella campagna di Krajina.
+”Nessun Paese può passare dalle milizie composte da canaglie raccolte per la strada alla messa in atto di un’offensiva militare professionale, senza avere ricevuto aiuto”+ .
+”I croati hanno fatto un buon lavoro di coordinamento dei mezzi blindati, dell’artiglieria e della fanteria. Non è qualcosa che s’impara mentre si riceve un addestramento sui valori democratici”
9 AGOSTO 1995 ++ Il governo croato concede che i profughi escano dalla “sacca” e raggiungano la Serbia.
È una colonna infinita di trattori e carri agricoli, che passano accanto ad altri trattori e carri capovolti e bruciati, lasciati da chi li ha preceduti. Si vedono abbandonati letti, frigoriferi, oggetti vari, documenti personali. Nove anziani serbi, di cui alcuni handicappati, trasferiti da una struttura di Petrinja, sono trascinati in una scuola e trucidati a sangue freddo.
Un giornalista danese riporta infatti la testimonianza di un casco blu secondo cui soldati in uniforme senza insegne hanno ucciso a sangue freddo diversi civili indifesi, di cui alcuni in sedia a rotelle. Secondo informazioni giornalistiche l’uccisione dei civili sarebbe avvenuta davanti a soldati dell’Uncro, che stazionavano nei pressi della scuola di Dvor, che non avrebbero impedito il massacro poiché non avevano l’ordine di intervenire…
Nei pressi di Sisak, alla presenza di soldati e poliziotti croati, alcune monache ortodosse sono uccise a calci e bastonate.
Il Globus di Zagabria annuncia che molti croati vogliono che Tuđman sia nominato presidente a vita per aver estirpato dal paese la “malaerba”.
Nato e Nazioni Unite firmano un accordo che attesta le nuove intenzioni interventiste dell’Occidente. L’atteggiamento risoluto degli Usa riesce a influenzare anche Mosca, Parigi e Londra, mentre provoca la frustrazione dei serbi di Bosnia, che si sfogano sulle enclave di Tuzla e di Goradže.
++ A New York, il Dipartimento di Stato Usa presenta, a porte chiuse, al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sette fotografie satellitari, con data e ora, che comprovano le uccisioni di massa e le fosse comuni relative ai massacri di musulmani da parte dei serbo-bosniaci nella zona di Srebrenica a luglio.
Bruno Maran. Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti
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