Franjo Tudjman e Gojko Susak, per quanto riguarda il territorio della Repubblica della Croazia, avevano, in importanti punti strategici di questo paese, quattro eccellenti sceriffi di guerra che godevano del tacito consenso del regime per l’eliminazione della popolazione etnicamente impura, e per il t[]ismo di strada della popolazione di nazionalità dominante. Tutti e quattro – in modo più o meno stabile – erano integrati nei meccanismi ufficiali dello stato, cosa che per uno di loro è ancora valida.
Tihomir Oreskovic, che era ritornato in Croazia all’inizio degli anni novanta, durante la guerra è stato il signore incontestato di Gospic, nonostante avesse una funzione relativamente poco stimata come segretario dello Stato maggiore di crisi per la Lika. Il potere di Oreskovic proveniva dal suo legame con Gojko Susak, l’ex ministro croato della difesa, e coi più eminenti membri dell’apparato di spionaggio militare vicini a Susak: si tratta, dunque, di membri del SIS che erano reclutati fra i membri e i simpatizzanti del Movimento per la costruzione dello stato croato con a capo Nikola Stedul. Proprio grazie alla potente protezione militare e di spionaggio, il colonnello Oreskovic è rimasto intoccabile fino alla fine del 2000, quando contro lui, e altri quattro suoi compagni di crimine, a Rijeka, è stato istruito il processo per partecipazione alla uccisione dei civili serbi a Gospic nell’ottobre del 1991. E’ stato condannato a quindici anni di galera, e l’ultima informazione che è stata pubblicata sul suo conto, diceva che è uno degli autori più proficui di "Lepoglavski vjesnik", il bollettino del famoso penitenziario di Zagorje, del quale, poco tempo fa, è uscito il secondo numero.
Gli altri tre – Tomislav Mercep, Branimir Glavas e Djuro Brodarac – non hanno ancora avuto l’occasione di dimostrare il proprio potenziale letterario, e non si sa nemmeno se mai succederà. Mercep nel 1990 e nella prima metà del 1991 è stato per Vukovar quello che per Osijek, nello stesso periodo, è stato Glavas – cioè, il segretario per la difesa popolare – e in entrambe queste città succedevano più o meno le stesse cose: i civili serbi venivano uccisi in massa e i loro corpi venivano buttati nella Drava e nel Danubio. A differenza di Glavas, il Napoleone di Vukovar – che dopo essere uscito dalla città assediata, si è ornato della funzione di consigliere speciale del ministro degli affari interni – non ha limitato la sua attività soltanto alla regione prescritta, ma è stato a capo dell’unità che spesso veniva nominata unità della para polizia e che seminava morte fra i serbi a Zagabria, a Pakracka poljana, a Gospic e a Karlobag.
Tomislav Mercep, candidato alle elezioni presidenziali nel 2000, momentaneamente guida una delle innumerevoli associazioni di volontariato, si occupa in piccolo di imprenditoria privata e aspetta che il tribunale dell’Aia invii al potere giudiziario della Croazia i documenti d’indagine sulle sue malefatte di guerra, per poter avviare in Croazia il processo contro di lui. Branimir Glavas, che nel mese di maggio si è separato dal HDZ e ha fondato una sua iniziativa semi regionale, con impazienza aspetta che il principale procuratore di stato, Mladen Bajic, finalmente prenda il coraggio e proponga di iniziare l’indagine sulla sua, di Glavas, partecipazione negli omicidi di varie decine di civili di Osjek di nazionalità serba. Le aspettative di Djuro Brodarac, capo di guerra della polizia di Sisak, sono orientate alla speranza che venga dimenticato il suo decisivo ruolo nella eliminazione di più di cento Serbi di Sisak, ma anche lui potrebbe essere sorpreso dal contenuto del pacchetto che presto l’Aia invierà agli organi giudiziari croati: fino ad allora riceverà lo stipendio come consigliere speciale del primo ministro per lo sminamento.
I tre sceriffi di guerra più noti e più importanti fra i Croati della Bosnia ed Erzegovina – Mladen Naletilic Tuta, Vinko Martinovic Stela e Ivica Rajic – oggi risiedono nel carcere dell’Aia. Mladen Naletilic Tuta, auto-proclamatosi generale del Consiglio croato della difesa e comandante della decantata "Kaznenicka bojna" di Siroki Brijeg, davanti al tribunale dell’Aia – nel processo di primo grado – è stato condannato a venti anni di carcere per partecipazione attiva nella pulizia etnica dei Bosgnacchi dell’Erzegovina. Emigrato del periodo prima della guerra che si muoveva negli ambiti di spionaggio – azzardo – della sinistra della Germania e della Svizzera, il suo ruolo di signore onnipotente dell’Erzegovina occidentale, che non disdegnava la sanguinosa resa dei conti neanche con i Croati che non riconoscevano la sua autorità, l’ha avuto grazie all’amicizia e all’origine comune con Gojko Susak, ma la sua macchina iniziò ad andare in discesa quando Susak, su insistenza di Klaus Kinkel e di Franjo Tudjman, dovette rinunciare.
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