venerdì 21 gennaio 2022

LA CACCIA

 




Il Tribunale dell'Aja non è credibile e lo dice la stessa Carla Del Ponte in un video.

Tre testimoni sono stati uccisi nonostante fossero sotto il programma di protezione.
Gli americani hanno finanziato il tribunale e non possono essere processati. Milosevic porta le prove di un bombardamento NATO a un convoglio di civili in cui morirono 150 civili, ma non c'è nessun indagato per questo crimine e come questo crimine ce ne sono stati altre decine.
Il tribunale è controllato da un organismo politico e questa è un 'anomalia. Finchè sarà il Consiglio di sicurezza a decidere, sarà la politica ad autorizzare o no certi procedimenti


In un incontro con Carla Del Ponte le vengono chieste diverse cose dal pubblico.
Intorno all'11° minuto si parla della protezione dei testimoni e la Del Ponte ammette che 3 testimoni sono stati uccisi mentre erano sotto il programma di protezione. Al 22° minuto si dice che il processo del teste che ha fatto fuori tutti i testimoni è da rifare.
L'anomalia del tribunale è che è stato istituito dagli americani che hanno tirato fuori i soldi (min 23.22)
Al 59° minuto si racconta di un pilota NATO che ha detto alla base di Aviano che il treno che doveva colpire era di civili e Aviano risponde: "Bombarda lo stesso". Morirono 150 civili e nessuno ha mai pagato per quella strage; così è avvenuto per altri 13 episodi NATO in cui nessuno è stato processato.
A un'ora e 01 uno spettatore chiede se non c'è il rischio che i grandi finanziatori di questo tribunale la passino sempre liscia ? La risposta della Del Ponte è SI, certamente c'è questo rischio.
A un'ora e 04 si dice che il Consiglio di sicurezza è una istituzione politica e le sue decisioni sono politiche. Questo vuol dire che la giustizia non è al di sopra di tutto, ma che dipende dalla politica. La politica puo' intervenire e non lasciare che si faccia giustizia. Un organismo politico che controlla la giustizia è un'anomalia.

Carla del Ponte, ...il Processo Milosevic - venerdì 20 Maggio 2011


Intervista a Carla Del Ponte

Ecco perchè il Tribunale dell'Aja ha fallito

Slobodan Milosevic', un leader jugoslavo







Per quanto mi riguarda, la giudice svizzera Carla Del Ponte ha la stessa credibilità istituzionale del capo di una delle bande di lanzichenecchi che calavano in Italia nel XVI secolo, al servizio dell’una o l’altra delle parti in guerra, visto che si è prestata a presiedere un tribunale ad hoc voluto dagli Stati Uniti per inscenare una parodia del processo di Norimberga ai danni di Slobodan Milosevic, ex presidente della Serbia colpevole di non avere piegato la testa davanti al dominus americano. A chi non si accontenta della montagna di bugie che i media occidentali sfornavano in quegli anni, consiglio di leggere “In difesa della Jugoslavia” (Zambon Editore) un dossier che documenta le manipolazioni, le omissioni (relative, per esempio, alle responsabilità della Germania e del Vaticano nell’imporre il riconoscimento dell’indipendenza della Croazia che diede la stura, con la pulizia etnica ai danni della minoranza serba, alla feroce guerra civile nell’ex Repubblica socialista), la mancata osservanza dei diritti dell’imputato, cui fu persino negata la possibilità di curarsi, per cui morì in prigionia, interrompendo opportunamente un’autodifesa che stava mettendo in difficoltà gli accusatori. Il libro contiene, fra i vari documenti, diversi scritti di Peter Handke (che fu messo letteralmente in croce per aver denunciato la palese illegittimità della Corte dell’Aia) e i verbali dell’autodifesa di Milosevic. Tornando alla Del Ponte, degna esponente della tradizione politica reazionaria del suo Paese, leggiamo, nella intervista rilasciata al Corriere e pubblicata oggi, del suo cruccio per l’impossibilità di mettere sotto accusa Assad per le atrocità perpetrate nel corso della guerra civile siriana (non una parola su quelle commesse da un’opposizione “democratica” fatta di tagliagole islamisti armati e sostenuti da Stati Uniti, Francia e Israele: quando operano in Europa e Usa sono terroristi, quando sono al servizio degli imperialisti occidentali diventano patrioti). Sorvolando sulle presunte “prove”, la cui esistenza viene data per scontata (del resto non servono: la sentenza è già scritta prima dell’eventuale processo), confesso che ciò che più mi ha colpito è il riferimento alla “giurisdizione universale” (palese violazione del principio del riconoscimento reciproco fra stati indipendenti, che permette a Stati come la Germania e la Svizzera di perseguire chi ha commesso presunti reati all’estero) che “purtroppo” l’Italia non applica ancora (ma non dubito che presto lo farà, per potersi accodare agli altri Stati europei incaricati di fare il lavoro sporco per conto degli Usa). Per ora la nostra deve arrendersi di fronte al rifiuto di Russia Cina e altri alleati di Damasco di darle via libera, ma forse un giorno, se e quando Assad non sarà più presidente, la sua sete di vendetta per conto terzi – camuffata da indignazione umanitaria – potrà trovare soddisfazione.
Carlo Formenti


Moriva esattamente l’11 marzo 2006, fa nel carcere dell'Aia, Slobodan Milosevic. Nel gennaio del 2006, pochi mesi prima vi era stato uno scandalo, quando nelle analisi del sangue era stato rilevato l'antibiotico Rifampicin, farmaco che neutralizzava l'effetto dei medicinali che Milosevic utilizzava per la cardiopatia di cui soffriva.

Della presenza di tale farmaco nel suo sangue Milošević si era lamentato in una lettera inviata al ministro degli esteri russo, inoltre aveva chiesto di essere ricoverato presso una clinica specializzata a Mosca.

Tutto ciò ovviamente gli è stato negato.

Inoltre Milosevic, poco prima della sua morte aveva espresso timori che lo stessero avvelenando.

Bastano queste poche righe per comprendere che la sua morte non è stata un incidente.
Era l'unico modo per "vincere" contro un uomo che non potevano piegare alla loro brama espansionistica, ma era anche un modo per tappargli la bocca, visto che aveva osato umiliare l'intero tribunale penale internazionale che ha dovuto far cadere tutte le accuse anni dopo la sua morte per mancanza di prove.

Nonostante tutto, contro tutti e contro ogni avversità, ha vinto!




La Corte ha stabilito che quello che avvenne fu un genocidio ad opera di singole persone, ma che lo Stato Serbo non può essere ritenuto direttamente responsabile per genocidio e complicità per i fatti accaduti nella guerra civile in Bosnia-Erzegovina dal 1992 al 1995, fra i quali rientra la strage di Srebrenica.

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