sabato 10 febbraio 2024

Dovrebbero fare il museo della vergogna

 




In effetti poteva fare l’attrice che le riesce molto bene e perlomeno non avrebbe fatto danni. Va a Basovizze a fare lo show, commossa emozionata con le lacrime agli occhi a “rendere omaggio agli istriani, ai dalmati, a quegli italiani costretti a fuggire dal regime comunista titino, da quella fetta d’Italia passata sotto il regime della Jugoslavia di Tito”. Così dice che il “ giorno del ricordo spazza via la congiura del silenzio” e chiede perdono! Questa vergogna è stata resa possibile dalla manipolazione della storia, in un paese dove l’insegnamento della storia è pari a zero, dove la “de fascistizzazione” non è stata fatta e adesso raccogliamo i risultati amari. La signora dice anche che intende fare a Roma “il museo nazionale del ricordo, perché questa è una storia che appartiene all’Italia intera”. Allora se “la storia deve appartenere all’Italia intera”, faccia il Museo della Vergogna , per ricordare la storia di quando l’idolo Mussolini, amico e alleato di Hitler , andò a invadere l’Unione Sovietica per sterminare il popolo sovietico, perché “slavo”, per conquistare e annettersi le terre russe! Chieda perdono alla Russia per il silenzio colpevole che per decenni ha avvolto queste vicende e anche per il silenzio colpevole che per otto anni ha avvolto il genocidio della popolazione del Donbass. Marinella Mondaini

Non sono stati uccisi perché italiani. Non è stata una pulizia etnica. Sono crimini di guerra, frutto di una ritorsione politica e militare, nel contesto della seconda guerra mondiale. Una guerra scatenata e condotta con ferocia dai fascisti italiani, alleati coi nazisti tedeschi, quelli che hanno davvero condotto genocidi, pulizie etniche e perseguitato davvero interi popoli solo per la loro appartenenza. Non mi stancherò mai di dirlo, costi quel che costi. E chi sostiene il contrario spesso lo fa con il preciso scopo di giustificare il fascismo e negare i suoi crimini. E continuare a diffondere l’idea che certi popoli possono essere impunemente oppressi, e che ribellarsi è sempre sbagliato e chi lo fa va punito: anzi, il suo intero popolo va punito. Come hanno fatto e continuano a fare i fascisti; mai i partigiani e gli antifascisti . Eric Gobetti


----In quella trasmissione però emerge, con enorme disappunto di Bruno Vespa, che la foto non mostra la fucilazione di vittime italiane da parte dei feroci partigiani titini. Tutt’altro. Alessandra Kersevan fa notare che la foto ritrae la fucilazione di cinque ostaggi sloveni da parte delle truppe italiane durante l’occupazione italiana della Slovenia (1941-1943). Bruno Vespa attacca furiosamente la signora Kersevan (non si sa perché altri ospiti vengono definiti professore o professoressa, titolo che spetterebbe di diritto anche a questa ricercatrice storica); Raoul Pupo interviene sulla questione solo quando viene interpellato direttamente dalla Kersevan e conferma che il contenuto dell’immagine è completamente opposto a quanto viene fatto passare nella trasmissione. Quando è costretto a prendere atto che la foto ritrae effettivamente ostaggi sloveni fucilati da un plotone d’esecuzione italiano, il conduttore si giustifica dicendo che l’immagine è tratta da un libro sloveno.
Bruno Vespa non porgerà mai le proprie scuse alla professoressa Kersevan per il madornale errore.
In effetti la fotografia è stata scattata nel villaggio di Dane, nella Loška Dolina, a sudest di Lubiana. Si sa anche il giorno in cui la foto fu scattata, il 31 luglio 1942, e addirittura i nomi dei fucilati:
Franc Žnidaršič,
Janez Kranjc,
Franc Škerbec,
Feliks Žnidaršič,
Edvard Škerbec.
Come nella Wehrmacht e nelle SS, anche nell’esercito italiano si documentavano stragi e crimini, salvo tenerli nascosti negli anni successivi per confermare il (finto) cliché del «bono soldato italiano».
Il rullino di cui la fotografia faceva parte viene abbandonato dalle truppe italiane dopo l’8 settembre 1943 e finisce nelle mani dei partigiani. Nel maggio del 1946 la foto (insieme ad altro materiale che testimonia la Lotta di liberazione jugoslava ed i crimini di guerra italiani e tedeschi in Slovenia) viene pubblicata a Lubiana nel libro Mučeniška pot k svobodi («La travagliata strada verso la libertà»).
Nello stesso anno, sempre a Lubiana, viene pubblicato – stavolta in italiano – un altro libro sullo stesso tema, Ventinove mesi di occupazione italiana nella provincia di Lubiana: considerazioni e documenti, a cura di Giuseppe Piemontese.




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