Quest’ultima palla è uscita. Quindi Sinisa, con questa leucemia si muore. Ma, un pochino, si vive per sempre.
Grande emozione per la conferenza stampa in cui ha comunicato di essere affetto da una forma aggressiva di leucemia.
Personaggio scomodo, ruvido, ma conscio del privilegio di far parte di un mondo, il calcio, che consente a certi livelli di non essere afflitti dalle problematiche che rendono difficile, precaria, la vita della stragrande maggioranza delle persone.
Chi voleva, e vuole, offenderlo, lo chiama “zingaro” .
Sinisa Mihailovich è un serbo della ex Jugoslavia, aggredita e devastata nel 1999 per non volersi piegare al “Nuovo ordine mondiale” fiorito con la caduta del muro. Nel decennale di questo crimine perpetrato dalle “grandi democrazie occidentali”, l’ Antidiplomatico intervistò Mihailovich: un’intervista che consiglio di andare a rilegge, o a leggere. Nel delirio di menzogne che promossero e legittimarono i bombardamenti nazisti su Belgrado (con la schifosa partecipazione dell’ Italiozza governata da D’ Alema), Mihailovich visse il dramma che derivava da quello che invece fino ad allora era stato un modello di convivenza interetnica, madre croata e padre serbo. In quel periodo Sinisa giocava nella Lazio ed ebbe modo di constatare da vicino le manipolazioni della stampa: sulla prima pagina del maggior quotidiano romano, Il Messaggero, riconobbe il cadavere di un suo amico serbo con un foro di proiettile in fronte, che il quotidiano presentava come vittima dei “cecchini serbi”. Stesso stravolgimento della realtà a proposito del Kossovo, dove oggetto di pulizia etnica furono, e sono, i serbi; la stessa propaganda che commemora la strage di Srebrenica e tace degli antefatti, delle vessazioni, delle discriminazioni, e della cacciata dei serbo bosniaci (250.000) dalle loro case, dal loro territorio. Sinisa venne infamato come fascista per il suo “elogio” di Arkan, intervenuto a difesa dei cittadini serbi espropriati cacciati, ammazzati. Racconta dell’allucinante telefonata di suo zio croato alla sorella (madre di Sinisa), fuggita col marito (padre di Sinisa). “Perché sei fuggita? Quel porco serbo di tuo marito meritava di essere scannato”.
“Io sono comunista più di tanti altri”, precisa. E ricorda la Jugoslavia vissuta da ragazzo; e ovviamente Tito che era riuscito a creare un miracolo di convivenza pacifica tra molte etnie e uno stato sociale che permetteva a tutti una vita dignitosa.
“Cosa ne pensi degli americani”?
“Cosa posso pensare di criminali che hanno bombardato scuole, ospedali, fabbriche del mio Paese?”
Lo stesso che degli yankee penso io, caro Zingaro. Anche stavolta ce la farai.
Hasta siempre!!!
Sinisa lo zingaro
Per i fascistelli dem ora Mihailovic è uno "zingaro"
Mihajlovic: «Vi racconto la mia Serbia, prima bombardata e poi abbandonata»
«Mi chiamano fascista per la vicenda Arkan, sono più comunista di tanti altri»
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Onore a te, alla tua vita da guerriero e alla tua serbita', alla quale non hai mai rinunciato. Mi piaceva paragonarmi a te quando difendevo la Serbia a spada tratta. Dicevo che solo Sinisa e io, non abbiamo mai dimenticato chi siamo e da dove veniamo. Arrivederci mio eroe, chi lascia la scia nel tempo, traccia la via verso altrove diverso, quello che ambedue abbiamo auspicato alla nostra gente e a noi
Slobodanka Ciric
Le parole di Sinisa Mihajlovic
Alla vigilia del quarantesimo compleanno di Zlatan Ibrahimovic, Sinisa Mihajlovic gli ha fatto gli auguri dalle pagine della Gazzetta dello Sport. "La prima volta ci siamo presi a testate in campo: insulti e botte fino ad
essere espulsi. L’ultima ci siamo ritrovati a cantare insieme, ma sarebbe meglio dire a stonare, sul palco di Sanremo distruggendo il brano “Io vagabondo”. Tra quel 20 aprile 2005 in cui ti venni a cercare nello spogliatoio per menarti senza trovarti, ma pensando 'questo ragazzo ha le palle', e il Festival dello scorso anno, quando mi hai voluto tuo ospite, sono passati 16 anni e tanta vita".
"Ci siamo dovuti prima scontrare per capire che eravamo fatti della stessa pasta: quella delle persone dure, sicure, ma sempre vere. Nel tempo ho scoperto che l’uomo Ibra vale quanto se non addirittura più del campione. E l’ho capito ancora una volta quando, durante la mia malattia, mi hai chiamato in ospedale e non riuscivi a parlare per la commozione, ma hai detto con un filo di voce: 'Sini, per te sono disposto a tutto, chiamami e gioco anche gratis...'. Sai quanto mi sarebbe piaciuto averti in squadra, ma era giusto però che tu tornassi al Milan per chiudere una carriera epica. Che non è ancora finita. So che regalerai ancora gol, prodezze e frasi a effetto, con la classe e la personalità che ti rende unico al mondo. Auguri amico mio carissimo: per i leoni come te, il tempo che passa non conta".
Ciao Sinisa, per sempre grande campione, dentro e fuori dal rettangolo di gioco!
Questa una sua intervista al Corriere del 2009:
Il tuo rapporto con gli
americani?
«Non li sopporto. In Jugoslavia hanno lasciato solo morte e distruzione. Hanno bombardato il mio Paese, ci hanno ridotti a nulla. Dopo la Seconda Guerra Mondiale avevano aiutato a ricostruire l’Europa, a noi invece non è arrivato niente: prima hanno devastato e poi ci hanno abbandonati. Bambini e animali per anni sono nati con malformazioni genetiche, tutto per le bombe e l’uranio che ci hanno buttato addosso. Che devo pensare di loro?».
Hai nostalgia della Jugoslavia?
«Certo, di quella di Tito. Slavi, cattolici, ortodossi, musulmani: solo il generale è riuscito a tenere tutti insieme. Ero piccolo quando c’era lui, ma una cosa ricordo: del blocco dei Paesi dell’Est la Jugoslavia era il migliore. I miei erano gente umile, operai, ma non ci mancava niente. Andavano a fare spese a Trieste delle volte. Con Tito esistevano valori, famiglia, un’idea di patria e popolo. Quando è morto la gente è andata per mesi sulla sua tomba. Con lui la Jugoslavia era il paese più bello del mondo, insieme all’Italia che io amo e che oggi si sta rovinando».
Sei un nazionalista?
«Che vuol dire nazionalista? Di sicuro non sono un fascista come ha detto qualcuno per la faccenda di Arkan. Ho vissuto con Tito, sono più comunista di tanti. Se nazionalista vuol dire patriota, se significa amare la mia terra e la mia nazione, beh sì lo sono».
È giusta l’indipendenza del Kosovo?
«Il Kosovo è Serbia. Punto. Non si possono cacciare i serbi da casa loro. No, l’indipendenza non è giusta per niente».
Dieci anni dopo la guerra cos’è la Serbia?
«Un paese scaraventato indietro di 50-100 anni. A Belgrado il centro è stato ricostruito, ma fuori c’è devastazione. E anche dentro le persone. Oggi educare un bambino è un’impresa impossibile».
Perché?
«Sotto Tito t’insegnavano a studiare, per migliorarti, magari per diventare un medico, un dottore e guadagnare bene per vivere bene, com’era giusto. Oggi lo sapete quanto prende un primario in Serbia? 300 euro al mese e non arriva a sfamare i suoi figli. I bimbi vedono che soldi, donne, benessere li hanno solo i mafiosi: è chiaro che il punto di riferimento diventa quello. C’è emergenza educativa in Serbia. L’educazione dobbiamo far rinascere”.
Прослављени српски фудбалер и тренер Синиша Михајловић преминуо је у 54. години живота у Риму, после дуге и тешке болести. Михајловић је рођен 20. фебруара 1969. године у Вуковару. Поникао је у локалном Борову у којем је постао професионалац 1986. Две године касније прешао је у новосадску Војводину, а 1990. стиже у Црвену звезду са којом је постао шампион Европе и света. После две сезоне на „Маракани” сели се у Италију где је у дресу Роме, Сампдорије, Лација и Интера стекао статус једног од најбољих дефанзиваца Серије А. Био је специјалиста за слободне ударце и пенале, а сматра се за једног од најбољих извођача „слободњака” у историји фудбала. Био је шампион Италије са Лациом и Интером, а са римским клубом је освојио још Куп победника Купова и УЕФА Суперкуп. Проглашен је за најбољег фудбалера Југославије 1999. године. Одиграо је 63 утакмице за репрезентацију и постигао десет голова. Као тренер је водио Болоњу, Катанију, Фиорентину, Сампдорију, Милан, Торино, Спортинг и на крају Болоњу. Био је и селектор Србије, а 2019. је добио признања за тренера сезоне у нашој земљи.