domenica 28 settembre 2025

Ricatto alla Serbia, tra Pristina e Kragujevac





La partita balcanica in questo periodo, letta con calma, suggerisce una sorta di conto finale presentato alla Serbia sconfitta, con risarcimento di consolazione per cercare di tenersela amica. Dare-avere. Ti porto definitivamente via il Kosovo e i suoi monasteri ortodossi, salvo qualche territorio marginale da contrattare, e ti risarcisco con la nuova produzione della monovolume Fiat nell'affamata Kragujevac. Che il conto auto lo paghi la banca europea e la stessa Serbia, oltre ai lavoratori di Mirafiori o di Pomigliano, è un dettaglio. Come è rimasto dettaglio per 10 anni il numero di operai della Zastava uccisi dai bombardamenti Nato del 1999. Il Kosovo indipendente albanese è volontà americana con avallo complice di parte europea. La delocalizzazione Fiat in Serbia è puro e semplice ricatto antisindacale, ma, data l'attuale dimensione Fiat, anche questo è messaggio planetario. Cuochi diversi ma sempre la stessa frittata. Fatto a pezzi il diritto internazionale consolidato da parte dalla Corte di giustizia internazionale che si inchina al fatto compiuto. Frittata nelle conseguenze secessioniste che troveranno legittimazione in tutto il mondo, frittata industriale nel delicato rapporto tra impresa e lavoratori che colpisce l'Italia ma che punta ad educare quello che resta del mondo operaio nell'occidentale dei diritti sindacali.

Il Kosovo etnico albanese secessionista, riconosciuto indipendente da un terzo soltanto del Paesi Onu, diventa di colpo uno Stato «indipendente, democratico, unito e multietnico». Parola del vicepresidente Usa Joe Biden, con la benedizione a seguire della Corte internazionale. Audace piroetta sui confini labili tra diritto e politica. Vince la logica della realpolitik definita sempre dal più forte. La giravolta della Corte Internazionale riporta alla memoria l'altro miracolo imposto da oltreoceano a metà del 1998, otto mesi prima delle bombe umanitarie della Nato sulla Jugoslavia. Sino a maggio gli episodi di violenza contro il governo di Belgrado era condotti dall'organizzazione «terrorristica» dell'Uck: parola dell'allora inviato Usa per i Balcani Christopher Hill. A giugno, magia d'estate nella caricatura del famoso «contrordine compagni», i «terroristi» si trasformano prima in «ribelli» e poi in «partigiani». Sempre per indicazione atlantica. Cosa sia accaduto prima, durante e dopo i tre mesi di bombardamenti è materia di verità ufficiali taroccate e di verità scomode mai svelate compiutamente.
In un parere giuridico contrastato al suo interno, la Corte internazionale afferma che la secessione proclamata da Pristina il 17 febbraio del 2008 è coerente con la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite. Perché, ovviamente, il Consiglio di Sicurezza s'era ben guardato dall'usare la parola «secessione», anche solo per vietarla. Cosa sia il Kosovo, nonostante le cronache inesistenti, è cosa nota. Forti ingerenze criminali all'interno stesso dello Stato, criminali di guerra non perseguiti, forte caratterizzazione etnica anti-serba, forma della democrazia dai risultati molti incerti, unità territoriale di fatto inesistente. Lo documentano i ripetuti documenti riservati dei militari Unmik e dei civili di Eulex. Lamberto Zannier, rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Kosovo avverte. «C'è sempre il rischio che una scintilla possa innescare un processo di crisi sul terreno, difficilmente gestibile da parte della comunità internazionale». Traduzione dalla prudenza diplomatica. La sentenza della Corte aumenterà certamente le tensioni interetniche e la comunità internazionale, in via di smobilitazione, non sarebbe in grado di gestirle.
Le cronache più attente accennano ora al timore di contagio sui movimenti separatisti diffusi nel mondo. Leggo di baschi, corsi, ceceni, abkazi. Elenco con lo sconto. Solo per la nostra autoreferenziale Europa, mi verrebbe da pensare, oltre che a Spagna, Francia e Russia, al Belgio di fiamminghi e valloni, agli ungheresi e ai rumeni mischiati tra loro dai confini di Yalta, alle minoranze russofone nei Paesi baltici, all'Ucraina. A lavorarci un po' sopra, ne verrebbe fuori una lista da capogiro. Poi ci sono, ignorati come sempre, gli stessi Balcani. La Bosnia multietnica imposta dal cessate il fuoco di Dayton. Altra politica internazionale allora, quando i confini nazionali preesistenti erano considerato intangibili. Dopo il Kosovo non più. Si agitano i serbo-bosniaci di Banja Luka che a Sarajevo preferirebbero Belgrado. Sono inquieti i croati erzegovesi di Mostar. Si agitano e spesso sparano gli albanesi del nord Macedonia che, col loro 25% di popolazione, controllano di fatto tutto il territorio ai confini col Kosovo e con l'Albania. Inquietudini albanesi anche nelle vallate serbe di Presevo e Bujanovac e lungo la sponda montenegrina tra Dulcigno e il lago di Scutari.
Problemi vecchi e noti, tenuti in sonno con la vaga promessa di un futuro Eldorado nell'Unione europea senza frontiere. Frottole ormai trasparenti. Al massimo un visto di libera circolazione Schengen, qualche privilegio commerciale, qualche delocalizzazione industriale nell'interesse dell'imprenditoria comunitaria in cerca di sconti sul costo del lavoro e sui diritti sindacali. Di allargamento prossimo futuro, fatta forse eccezione per la Croazia, non se ne parlerà per un bel pezzo. Con un nuovo e intraprendente protagonista che si affaccia sull'area. La Turchia che, snobbata dall'Unione, torna con credibilità politica e forza economica nei Balcani delle sue memorie imperiali ottomane. Bastava essere l'11 luglio a Srebrenica, in Bosnia, nella ricorrenza del massacro. Onu, Stati Uniti e Ue assenti. L'impressione è quella di politici occidentali che si credono statisti, pensando forse di potersi scegliere l'islam più rassicurante da avere in casa. Fuori dalla porta però. Di una diplomazia europea che crede di condurre una gigantesca partita a Risiko. Salvo accorgersi presto, temo, che era stato loro concesso soltanto il gioco dell'oca.
Ennio Remondino 




giovedì 25 settembre 2025

“26 anni fa la NATO bombardò il mio Paese” – Il serbo Vučić condanna

 






Intervenendo all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente serbo Aleksandar Vučić ha espresso una dura critica ai bombardamenti della Jugoslavia da parte della NATO nel 1999.
Ha dichiarato: "26 anni fa, il mio Paese è caduto preda di una brutale aggressione da parte della NATO. Quell'atto ha aperto il vaso di Pandora".
Vučić ha sostenuto che l'intervento ha minato il diritto internazionale e messo in discussione il principio di integrità territoriale, avvertendo che tali precedenti continuano a destabilizzare l'ordine globale ancora oggi. Il suo discorso ha collegato il passato della Serbia ai dibattiti in corso su sovranità, interventismo e doppi standard nelle relazioni internazionali.








Una statua dell’ex capo dell’OSCE in Kosovo, l’americano William Walker, nel villaggio di Racak, alla porte di Pristina, dove, fine 1998, in piena guerriglia interna alla Jugoslavia, una battaglia di tre giorni con le sue vittime, fu montata come strage di civili convincendo il mondo -Italia compresa- che quella guerra contro Milosevic andava fatta.



martedì 23 settembre 2025

SAMOPRAVO

 Riprendiamo un vecchio post






Da un po' di tempo il blog di Alberto non è visibile e questo ci spiace molto perchè ci facevamo spesso riferimento.
Per incitarlo a riprendere o ad aggiustare il problema, mandiamo in onda un suo brano sempre attuale : la faziosità del tribunale dell'Aja.
Citiamo alcuni brani :

Il Tribunale Penale Internazionale per l'Ex-Jugoslavia (cosiddetto Tribunale dell'Aia) è, se si eccettua Norimberga, il primo esempio di tribunale penale internazionale. La sua importanza da un punto di vista storico e giuridico è quindi fondamentale: per la prima volta gli individui che si sono macchiati di gravi crimini (genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità) nel corso di un conflitto armato sono chiamati a risponderne di fronte ad un organo giudiziario internazionale. Non rileva che essi siano comuni cittadini o Capi di Stato, siano semplici soldati che hanno "solo eseguito gli ordini" oppure generali responsabili di intere campagne militari contro la popolazione civile.

Creato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 1993 per cercare di arrestare l'escalation di violenza nei Balcani, il Tribunale ha il compito di giudicare gli individui che si sono macchiati di "gravi violazioni del diritto internazionale umanitario commesse sul territorio dell'Ex-Jugoslavia, a partire dal 1991" (art.1 dello Statuto).

Contrariamente a quanto molti pensino, pertanto, il Tribunale dell'Aja ha una giurisdizione estremamente limitata, sia per tempo, sia per spazio (per questo viene definito un "Tribunale ad hoc"): innanzitutto esso può solo giudicare i crimini commessi sul territorio dell'Ex-Jugoslavia, e per di più solo quelli commessi a partire dal 1° gennaio 1991. Non viene invece stabilita una data finale: il Tribunale indaga così anche sui crimini commessi in Kossovo. Potenzialmente potrebbero addirittura cadere sotto la giurisdizione del Tribunale anche le truppe NATO per i bombardamenti sulla Serbia del 1999 (anche se le indagini riguardo a tali episodi, pur iniziate, sono state presto archiviate).

L'aspetto più interessante del Tribunale dell'Aja, da un punto di vista giuridico, è il "diritto penale" che il Tribunale applica.
Dal momento che manca un codice penale internazionale, l'operato del Tribunale si basa su di un corpus normativo assolutamente disorganico, e poco "penalistico": le norme giuridiche internazionali che indicano i crimini che il Tribunale giudica (le Convenzioni di Ginevra del 1949, la Convenzione contro il Genocidio del 1948, le Convenzioni dell'Aia del 1907) non contengono infatti né una definizione dei crimini (ad esempio, cosa si deve intendere per "Persecuzione"?), né, ad esempio, stabiliscono che pena debba subire chi li commetta (quale può essere la pena per un crimine come il Genocidio?).

Per quanto riguarda le indagini sul Kosovo, preciso che dato che il Procuratore non ha lì'obbligo di esercitare l'azione penale (a contrario che in italia, ad esempio) e ha quindi discrezionalità su quali crimini perseguire e quali no. Giuridicamente non deve quindi giustificare la sua scelta di non portare alla sbarra i militari NATO.
Da un punto di vista politico mi sembra invece molto chiaro il perchè di questa scelta: "il cane non morde la mano di chi gli dà da mangiare", si dice, in questi casi...

Fino a qui .. quello che ha scritto Alberto..
Ma poi c'è un bel commento :

Questo Tribunale e' stato voluto e finanziato da Paesi che in un modo o nell'altro hanno partecipato all'aggressione contro il popolo Serbo. La colpa principale e' stata della Russia, che non ha difeso adeguatamente un popolo fratello. E' doveroso ricordare tutte le angherie che la Serbia ha subito nell'ultimo decennio, l'embargo, la limitazione del proprio spazio aereo, con relativo blocco navale, la campagna denigratoria, che continua tutt'ora, il flusso di esuli che il Paese ha dovuto accogliere provenienti da tutte le parti, il blocco delle transizioni finanziarie, le restrizioni che i Serbi subiscono quando vanno all'estero, le amputazioni territoriali ed infine questo Tribunale, dove la maggior parte degli imputati sono Serbi e la Russia, come gia' detto in precedenza, pur avendo diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti e stata a guardare, facendo finta di non capire che in futuro piu' o meno prossimo, potrebbe anch'essa essere presa di mira dell'espansionismo Occidentale (vedi vicenda Ucraina). Ci sono due aspetti di questo Tribunale che hanno dell'incredibile: 1°. Essendo stato istituito nel 1993, come fa a giudicare i fatti dal 1991 in poi, visto che a livello giuridico non esiste la retroattivita'. 2°. Esso e' stato istituito per l'ex Jugoslavia, mentre l'ultimo "pezzo di Jugoslavia" e' cessato di esistere nel 2003 e quindi i fatti del Kosovo del 1999, non sono di competenza di quel Tribunale. Poi ci sono tanti altri aspetti che hanno dell'incredibile, ma desidero che siano altri utenti a commentarli.

Potete leggere tutto : qui




Samo da rata ne bude

 














COLLETTIVO AZIONE PACE

 




Questo post è dedicato alla cara Silvia di Roma e al suo meraviglioso compagno 

Nel 2008, quando abbiamo aperto Balkan crew, ci siamo preoccupati innanzi tutto di mettere il luce le realtà più vicine a noi 

Siamo quindi andati alla cene balcaniche del "Collettivo azione pace" e abbiamo aiutato tantissimo la cara Maja, venuta in Italia per un doppio trapianto 

Dobbiamo dire che questo gruppo è davvero organizzato per i miracoli 

Svaka cast! 

facebook.com/CollettivoAzionePace

E aggiungiamo anche una bella canzone per Fabio: Moj dom je tamo gde si ti la mai casa è dove sei tu 

Moj dom je dole u predgradju
od centra prema zapadu
gdje Sunce sja kad zalazi
gdje Sunce sja samo kad zalazi

Moj dom je tamo gdje si ti
moja draga ljubavi
moj dom je tamo, tamo gdje sam ja
takva je moja sudbina

Jura Stublić - Dom


lunedì 15 settembre 2025

JIHAD NEI BALCANI

 




La Bosnia del conflitto balcanico costituì per i mujahidin un campo di battaglia dove imparare a combattere la guerra santa. Schindler tratteggia inoltre la collaborazione coi terroristi da parte del governo americano, che si trovò così a supportare un gruppo di cui erano parte anche Khalid Sheikh Muhammad (mente dell'11 settembre) e due dei kamikaze dell'attentato alle Torri Gemelle.


mercoledì 10 settembre 2025

LA PARTE SBAGLIATA

 







Scopro di essere dalla parte sbagliata, quando mi ritrovo a sostare in piedi poc’anzi l’anta destra del portone d’ingresso dell’interno del Monastero di Dečani; un monaco sfiora la mia spalla facendomi cenno di spostarmi: perché durante le celebrazioni, gli uomini sono a destra e le donne a sinistra. Sono dalla parte sbagliata, proprio di poco... ma lo sono, così mi correggo, come altri, nel rispetto di quell’invito, di quella sorta di casa e del suo costume. Non è neanche troppo austera, la sensazione che mi passa, perché c’è accoglienza, ospitalità sincera. E’ tutto così suggestivo...
Fuori c’è la notte, limpida e generosa di stelle, dentro c’è il buio, delicatamente spezzato da qualche sottile candela di cera gialla, sapientemente collocata a formare nodi di luce viva alla base degli alti profili della chiesa. Al cenno del monaco, d’istinto mi infilo in uno dei sedili strutturati a parete, quasi a voler fare una tana di quella casella tutta di legno, ma poggio solo la schiena e stendo le gambe, senza sedere. E mi lascio riposare, la mente e il corpo, nell’eco di quelle voci prestate a privata omelia d’incanto, non so cosa dicono, chiedo a Tanja e a Sunčica ma neanche loro sanno… Ma non sembra importante. C’è un mezzo muro a separare lo spazio della liturgia da quello dei fedeli e degli altri spettatori. Pochi fedeli, pochi spettatori, otto di noi e qualcun altro.
Ma non sembra importante neanche questo, non si cerca lo scambio diretto, ma un invito al totale raccoglimento, nella personale spiritualità di ognuno, che sembra quasi andar oltre la fede religiosa e non ne è figlia, semmai può esserne madre.
Ma i miei occhi guardano in alto, catturati dalla grande ombra sulla volta del soffitto di un crocefisso inclinato, buio; è la luce di una lanterna, che in primis illumina il cerchio dei monaci in preghiera e poi, consegna un riflesso verso l’alto a generare un’ombra. Ed io continuo insistentemente e involontariamente a guardare solo quell’ombra, che è l’unica cosa per me visibile e ingoio qualche lacrima, frutto della mia debolezza, pensando che forse troppe volte le cose sono come appaiono. E allora mi rassegno, ma non dispero, di essere dalla parte sbagliata, quella che forse non mi darà mai una fede religiosa, che quindi non sarà mai concessa a strumento di guerra, che non potrà mai difendere gli altri e non dovrà mai difendersi da se stessa, perché non c’è e, forse, non ci sarà per molto tempo ancora...
Samantha

Una preghiera a Decani

La Provvidenza e Decani


Burek: stories from Croatia, Turkey, and my English kitchen

 








LA SERBIA E L'INFLAZIONE

 


Alcuni anni fa, Dejan mi ha dato una banconota da 500.000.000.000 dinari, dicendomi di parlare ai miei amici dell'inflazione.
La carta moneta è un'arma, esattamente come un fucile o un kalasmikof.
Non so' a dire quanti pensionati conosco che svernano in Brasile spendendo molto poco rispetto a quello che avrebbero speso in Italia.
Il mio amico Milan, in Serbia, lavora anche 12 ore al giorno in una falegnameria e guadagna 300 euro al mese.
Tra il 1993 e il 1994, in Serbia, si è avuta la peggior inflazione che si possa ricordare a memoria d'uomo. Andavi in banca a prendere i soldi e correvi a fare la spesa, perchè i negozianti aumentavo i prezzi ogni ora, producendo un'inflazione che era circa al 25 %.
I negozi statali, quelli in cui i prezzi avrebbero dovuto essere "calmierati", erano vuoti e quindi si ricorreva alla cosidetta "borsa nera".
I benzinai erano chiusi e ci si riforniva da macchine che viaggiavano per strada con bidoni e imbuti.
Gli autobus funzionavano solo uno su 4 e non sempre, perchè il più delle volte si aspettava e si aspettava anche ore, ma l'autobus non c'era proprio.
Il tasso di disoccupazione era al 30% e vi era difficoltà ad approvigionarsi anche delle cose semplici come pane e carne.
Il riscaldamento condominiale era spento e si rischiava di rimanere senza corrente elettrica poichè le persone accendevano le stufette elettriche per scaldarsi.
Molte macchine ospedaliere e letti e tutto cio' che si poteva trasportare fu venduto alle cliniche private e non c'erano soldi per le pensioni.
Si arrivo' ad un punto in cui nessuno voleva comprare in dinari e tutti cercarono di sostituire il pagamento con marchi tedeschi, ma all'inizio un marco era un milione di dinari, poi 6 milioni di dinari e ben presto si arrivo' a 37 milioni di dinari.
Uno stipendio era pari alla 230esima parte di cio' che la famiglia necessitava.
Quando ho chiesto a Dejan come si è usciti da questa situazione, mi ha risposto : con la guerra. 

LE SANZIONI ALLA YUGOSLAVIA

L’embargo alla Federazione Yugoslava è stato imposto per la prima volta l’8 gennaio ‘91dalla Unione Europea. Quasi un anno dopo, il 6 dicembre, gli Stati Uniti decretavano le stesse misure. Il 30 maggio ’92 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite introduceva un embargo commerciale e finanziario totale verso la Repubblica Federale di Jugoslavia che si è protratto per 1271 giorni sino al 22/11/1995 quando è stato revocato definitivamente con la sola precedente sospensione del divieto di volo e di partecipazione a manifestazioni sportive dal 23 settembre dell’anno precedente. Gli Stati Uniti hanno poi revocato le proprie sanzioni nel marzo 97 e, per ultima l’Unione Europea il 14 settembre.

Le conseguenze sul piano umanitario di questo primo periodo di embargo sono documentate più avanti. E’ però importante tenere a mente nel valutare la gravità della decisione di imporre sanzioni dopo la guerra che queste si inseriscono su una situazione già grave per l’embargo dell’Onu e, per di più, aggravata dalla guerra.

Già nel marzo 98 la UE reintroduceva prime restrizioni agli scambi commerciali con la RFJ. Il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso una serie di limitazioni alle relazioni economiche, in particolare di carattere finanziario che verranno inasprite all’inizio dei bombardamenti con il divieto di vendita di prodotti petroliferi e poi il 10 maggio con una serie di altre misure.

Nel merito si tratta di :

interdizione dei voli

congelamento dei beni all’estero

interdizione delle transazioni finanziarie

interdizione della fornitura di prodotti petroliferi

interdizione della vendita di beni atti ad essere utilizzati nella ricostruzione delle infrastrutture distrutte dalla guerra,

Le stesse misure sono state prese dagli Stati Uniti.


venerdì 5 settembre 2025

La sinistra radicale serba e i rischi di una rivoluzione colorata

 



La sinistra radicale serba e i rischi di una rivoluzione colorata

Videointervista Andrea Martocchia (la Città Futura, 4.9.2025.)
Con il segretario del coordinamento nazionale per la Jugoslavia cerchiamo di comprendere le complesse e contraddittorie posizioni delle proteste contro il governo serbo. Dopo una breve introduzione storica, ricostruiamo le posizioni delle diverse componenti del governo e delle opposizioni, con particolare attenzione alle forze della sinistra radicale e segnatamente comuniste. Intervista a cura di Renato Caputo per "La città futura".



giovedì 4 settembre 2025

LA VERSIONE SERBA SU SREBRENICA

 Facendoci prestare il profilo FB da amici perchè OBC ci ha bannati, veniamo a conoscenza tramite un commento, della versione serba su Srebrenica 

Prego i soliti serbofobici di non scatenarsi.. è la versione serba, non la nostra 






La versione serba del massacro di Srebrenica (luglio 1995), pur non univoca, si articola su alcuni punti fondamentali, molto diversi dalla narrazione ufficiale occidentale e dal verdetto dei tribunali internazionali. Ecco i cardini principali:

1. Contestazione del termine “genocidio”
I serbi (in particolare autorità della Republika Srpska, storici e intellettuali vicini alla loro posizione) negano che a Srebrenica sia avvenuto un genocidio, nel senso giuridico del termine.
Argomentano che:
• non vi fu intenzione di sterminare un gruppo etnico in quanto tale, ma una azione militare contro combattenti.
• donne, bambini e anziani furono risparmiati e lasciati passare verso le linee ONU o bosgnacche.
• la maggior parte delle vittime erano maschi in età militare, alcuni dei quali armati o in fuga combattendo.

 2. Reazione a crimini precedenti
Srebrenica, dichiarata “zona protetta ONU”, era secondo la versione serba una base operativa per attacchi dell’Armija BiH (forze bosgnacche) guidate da Naser Orić, che da lì lanciavano incursioni nei villaggi serbo-bosniaci circostanti (come Kravica e Bratunac), uccidendo civili.
Si sostiene che:
• Tra il 1992 e il 1995, centinaia di civili serbi furono massacrati nelle aree attorno a Srebrenica, ma questi crimini non furono mai giudicati seriamente dalla comunità internazionale.
• L’attacco su Srebrenica sarebbe stato una rappresaglia militare, non un’azione genocida.

3. Numero delle vittime contestato
La cifra ufficiale delle vittime bosgnacche è circa 8.000, secondo l’ICTY.
I serbi non negano che ci siano stati uccisi e crimini, ma contestano:
• il numero (secondo alcuni storici serbi, migliaia di morti furono in combattimento, non giustiziati),
• la metodologia di stima dei corpi (esumazioni, identificazioni genetiche, riesumazioni multiple).

4. Accusa di strumentalizzazione geopolitica
Secondo molti serbi, Srebrenica è stata trasformata in un simbolo manipolato per:
• demonizzare i serbi nella guerra civile jugoslava,
• giustificare l’intervento NATO,
• assolvere le responsabilità dell’altra parte (musulmani e croati),
• legittimare un ordine post-bellico imposto dall’Occidente.

5. Critica al Tribunale dell’Aja (ICTY)
I serbi considerano l’ICTY un tribunale politicizzato, istituito per colpire i serbi e riscrivere la narrazione storica.
Citano come esempio:
• la disparità delle condanne tra serbi e croati/bosgnacchi,
• la mancata incriminazione di Naser Orić per i crimini contro i civili serbi,
• il trattamento riservato ai serbi come “unici colpevoli della guerra”.

In sintesi:
Per la narrazione ufficiale occidentale, Srebrenica è un genocidio pianificato dai serbo-bosniaci, sotto la guida di Ratko Mladić.
Per la versione serba, fu una strage brutale ma contestualizzata in un conflitto etnico cruento, non genocidio, e frutto anche di reazioni ai crimini subiti.
Non negano che ci siano state esecuzioni, ma le ridimensionano, le relativizzano o le presentano come parte della guerra — in contrasto con la visione moralmente assolutista e selettiva dell’Occidente.






In effetti anche per Elvira Mujcic, Oric' non è stato assolto perchè innocente, ma perchè lo dovevano alle madri di Srebrenica 


Tokača sottolinea quanto sia importante che la società bosniaca si liberi dal mito della propria tragedia. "La Bosnia è stata vittima di un mito e di narrazioni mitiche. Se continuiamo a perpetuare il mito sulla nostra società, a giocare con i numeri delle vittime e a diffondere bugie, finiremo per riprodurre le dinamiche che sono sfociate nella guerra contro la Bosnia Erzegovina e contro la sua struttura sociale e culturale". Atlante dei crimini di guerra, pubblicato da Osservatorio Balcani e Caucaso il 3/6/2019



Sull'argomento si veda il sito di Jugo coord segreteria onlus che ha fatto tanti post 




COMPLIMENTI ERIC GOBETTI!

  A settembre in Montenegro ho ricevuto questa onorificenza per il mio impegno nella divulgazione della storia della resistenza italiana in ...