martedì 29 novembre 2022

Squallidi e penosi ustascia croati

 










Може Хрват у Катар, може и даље од тога, али не може усташа из Хрвата никуда!
Проклетство је то, тешко, да вазда бираш звер у себи за животног сапутника…
Мислим, наравно, на оне беднике што су превалиле хиљаде километара и спуцале силне новце да би и далеко од брдовитог Балкана- мрзели све српско!
Помислио би човек да су отишли да навијају за своје, утекли мало у топлије крајеве, но то само повело усташе на излет обећавши им добар провод, без примисли на спортско, разуме се, мржња је далеко боља забава.
Болест је то опака, читавог живота инвестирати у пакао као једину некретнину коју заиста имају…
И, шта су бедници суштински доказали развивши и пред стадионом, а потом и иза гола Милана Борјана, заставу с проклетим натписом: „Олуја 95“, уз обавезну иконографију трактора?
Да су врли „домољуби“, да су силно храбри, да им је Хрватска на срцу, или да на место срца имају хладну, црну, зјапећу рупу, ко вртачу у коју би сваког Србина и све српско?!
Милан Борјан се као дете обрео у избегличкој колони, као дете је узмицао пред смрћу, као дете је за дан одрастао и остарио само зато што је- Србин!
А, бедници живе да га читавог живота подсећају на јад који је проживео, на јад који многи Срби нису преживели, на јад који свако ко му је утекао мора да живи довека јер може Хрват куд хоће, али усташа из њега неће никуда!
Речју, према оној Декубертеновој: „Није важно победити- важно је учествовати“, ове звери нису победиле, не може зло да победи, али јесу учествовале- у вечитом надметању ко ће више, ко ће боље, ко ће фанатичније мрзети Србина само зато што је Србин?!
Но, оно што не схватају: Србин све што има спакује у душу и понесе, скућиће се питом и на камену, а они ни у кући немају дома, где год пођу ко окове ће вући: Јасеновац, Јадовно, Јастребарско, Стари брод, Градишку, Пребиловце, јаме, вртаче, „Бљесак“, „Олују“…
Од усташе у себи не могу да побегну, не желе, лакше им је бити звер, за човека је прекасно...


Un croato può andare in Qatar, può andare anche più lontano, ma un serbo non può andare da nessuna parte
È una maledizione, che tu scegli sempre la bestia dentro di te come compagna di vita...
Sto pensando, ovviamente, a quei disgraziati che hanno percorso migliaia di chilometri e speso un sacco di soldi per stare lontano dai Balcani - odiano tutto ciò che è serbo!
Si direbbe che sono andati a tifare per i propri, scappati un po' nelle zone più calde, ma che hanno portato il loro fascismo in gita, promettendo un bel divertimento, senza considerare lo sport, ovviamente, l'odio è divertimento di gran lunga migliore.
È una malattia feroce investire tutta la vita all'inferno come l'unico immobile che hanno davvero...
E, cosa hanno sostanzialmente dimostrato i disgraziati sviluppando sia davanti allo stadio, sia dietro il gol preso da Milan Borjan, una bandiera con la scritta maledetta: "Storm 95", con l'iconografia obbligatoria di un trattore
Se fossero molto "patrioti", se fossero potenti coraggiosi, se la Croazia fosse nei loro cuori, o se avessero un freddo buco nero e freddo al posto del cuore, chi farebbe girare ogni serbo e tutto ciò che serbo?!
Milan Borjan è cresciuto da bambino in una colonna di profughi, da bambino ha pianto prima di morire di fame, da bambino è cresciuto e invecchiato in un giorno solo perché è serbo!
E, il disgraziato croato vive per ricordargli tutta la vita la miseria che ha vissuto, la miseria che molti serbi non sono sopravvissuti, la miseria che tutti quelli che gli sono sfuggiti devono vivere in eterno perché un croato può andare dove vuole, ma un serbo no
Parola d'ordine, secondo Dekubertenova: "Non è importante vincere - è importante partecipare", queste bestie non hanno vinto, il male non può vincere, ma hanno partecipato - all'eterna competizione chi farà di più, chi farà meglio, chi odierà un Serbo più fanaticamente solo perché lui è un serbo?!
Ma, quello che non capiscono: un serbo impacchetta tutto quello che ha nell'anima e se lo prende, arriverà a casa con una torta e su una pietra e non hanno nemmeno una casa in casa, ovunque vadano: Jasenovac, Jadovno, Jastre Barsko, Nave Stari, Gradiška, Prebilovce, fosse "Flash", "La tempesta"...non verrà mai scordato
Non possono scappare da Ustasha in sé, non vogliono, è più facile che siano bestie, è troppo tardi per un uomo...
MICHAILO MEDENITSA per IN4S

Scusate la pessima traduzione ma il concetto si capisce. I croati sono educati dalla nascita a odiare tutto cio' che è serbo













Nell’atteggiamento arrogante e pseudo-coloniale della leadership croata (politica e calcistica) nei confronti della Bosnia Erzegovina vi è qualcosa di deleterio. Qualcosa che impedisce ai cittadini bosniaci di tifare Croazia senza riserve e per motivi prettamente sportivi




Una alta corte croata ha dichiarato legittimo e ammissibile il detto "Per la patria pronti", una sorta di versione croata di Heil Hitler, nelle canzoni del controverso cantante Marko Perkovic Thompson, considerato in Croazia un'icona della destra nazionalista. La decisione, presa con una maggioranza di 15 contro 5 giudici del Tribunale d'appello per le infrazioni, ammette l'uso di questo saluto se riferito alla guerra per l'indipendenza della Croazia, combattuta dal 1991 al 1995 contro le forze serbe comandate da Belgrado. La canzone per la quale contro il cantante è stata sporta denuncia molte volte e che inizia con il grido "Za dom spremni” (Per la patria pronti) è stata composta nel 1991 e canta dei soldati croati che combatterono contro i ribelli serbi nell'entroterra della Dalmazia. Tale detto però fu dal 1941 al 1945 il saluto ufficiale dagli ustascia croati, alleati di Hitler e Mussolini, responsabili della morte di centinaia di migliaia di serbi ed ebrei. Nel 1991 alcune formazioni paramilitari croate si ispirarono a questo movimento fascista croato e andarono in guerra come volontari sotto il saluto "Per la patria pronti". Nel 1992 queste formazioni furono integrate nell'esercito regolare croato e formalmente furono obbligate a rinunciare al saluto ustascia. E' la prima volta che un tribunale croato ha ammesso, anche se in circostanze speciali, l'uso del controverso saluto. La Corte Costituzionale ha in passato dichiarato inammissibile l'uso di "Za dom spremni” in qualsiasi contesto, considerandolo un chiaro riferimento agli ustascia e una forma di incitamento al fascismo e all'odio etnico. (ANSAmed)





ANNO 2018

Anche lo strepitoso cammino della nazionale croata verso la finale dei Mondiali di Mosca è stato segnato da episodi controversi, che hanno coinvolto due dei suoi giocatori più rappresentativi. Il primo si riferisce al difensore Dejan Lovren, il quale, in seguito alla splendida vittoria ottenuta contro la più quotata Argentina, ha postato un video dei festeggiamenti all’interno dello spogliatoio croato, in cui cantava la celebre canzone nazionalista “Za Dom Spremni”, dal noto motto del regime fascista croato degli ustaša.

Il secondo episodio, invece, ha visto come protagonista Domagoj Vida che, in seguito alla vittoria ottenuta ai quarti di finale contro la nazionale russa ed in virtù di un passato calcistico tra le fila della Dinamo Kiev, ha festeggiato la vittoria scandendo a gran voce “Gloria all’Ucraina”, il motto dei nazionalisti ucraini riesumato durante le proteste di Maidan. La FIFA, sull’onda di quanto accaduto ai giocatori della nazionale elvetica, ha inflitto una sanzione economica di 15.000 franchi svizzeri al giocatore croato, denunciando, per l’ennesima volta, il carattere provocatorio e politico dell’esultanza. Anche in questo caso, diverse personalità politiche non sono rimaste indifferenti, andando in supporto di Vida; nello specifico, il Presidente ucraino Petro Poroshenko ha ringraziato pubblicamente il calciatore croato offrendo di pagare la sanzione inflittagli.



Immaginate a questi "giocatori" quanto gli interessa il calcio!



Granit Xhaka non sarà punito per aver apparentemente infranto una regola della FIFA sulla politica sul campo di calcio. La loro partita contro la Serbia è stata un incontro acceso considerando la rivalità tra le due nazioni. Xhaka è stato ripreso dalla telecamera mentre si teneva l'inguine sulla panchina serba, cosa che ha scatenato una reazione rabbiosa da parte loro. Dopo la partita, il centrocampista ha indossato una maglia svizzera con sopra scritto il nome Jashari. Sembrava fare riferimento ad Adem Jashari che ha fondato l'Esercito di liberazione del Kosovo. Tuttavia, dopo la partita, ha affermato che si trattava del suo compagno di squadra Ardon Jashari, e The Sun rivela che è sfuggito a una multa della FIFA. Avendo in qualche modo evitato un solo cartellino rosso durante un tempestoso scontro con la Serbia nell'ultima partita del girone, la squadra di Murat Yakin non ha squalifiche da affrontare, ma Manuel Akanji, Fabian Schar e Granit Xhaka sono tra i sette giocatori a un'ammonizione dal perdere un potenziale quarto di finale.





Essere nel paese dei miei nonni non ha prezzo! Tu sei un pagliaccio di Instagram che confonde sport e politica. Questo non ha nulla a che fare con la guerra, ma dal momento che ne parli, me e il mio paese abbiamo vissuto tutta questa me**a e nessuno ci ha mai supportato. Quindi, per favore, chiudi quella c***o di bocca” (Troicki).
Veramente? E cosa dovremmo dire di te, Mr combattente per la libertà su Instagram? Te o qualcuno della tua famiglia ha mai boicottato o protestato quando le forze della NATO hanno bombardato il mio paese e la mia gente una ventina di anni fa?” (Tipsarevic).









Pablo Sarabia, giocatore della nazionale spagnola, ha preso in giro gli albanesi. Ben fatto, amico!
La nazionale di calcio spagnola giocherà contro il cosiddetto Kosovo come parte delle qualificazioni ai mondiali e Pablo ha indirettamente trollato lo stato autoproclamato in conferenza stampa rifiutandosi di dire il loro nome. Non ha mai detto "Kosovo" durante la conferenza, ma li ha chiamati ogni volta solo "la squadra locale".
Un giornalista albanese gli ha chiesto tante volte (in spagnolo) perché dice sempre "squadra locale" e non "Kosovo" e Pablo ogni volta rispondeva che non capisce la domanda.








In quei territori, come ha scritto Scotti nel suo libro Croazia, operazione Tempesta, (pubblicato a Roma nel 1996 dalla Gamberetti Editrice con prefazione di chi scrive), «fu cacciata quasi interamente la popolazione serba che vi abitava da secoli, fu attuata una radicale e sanguinosa pulizia etnica in Croazia». A sedici anni di distanza i seguaci di estrema destra della lista croata chiedono vendetta ovvero l’«eliminazione» di Giacomo Scotti. Come se non bastassero le minacce, quelli del Hrvatski List sono intervenuti anche sulle pagine croate di Wikipedia inserendo una nuova pagina di calunnie e di vergognose accuse contro lo scrittore italiano per il quale l’espressione meno oltraggiosa usata è quella di «omiciattolo». Ne è stata pertanto modificata e falsificata la biografia e presentato con questi attributi: fascista, comunista, fascista rosso, esponente dell’irredentismo italiano, traditore della Croazia. Con una interpellanza al comune di Fiume-Rjeka, che nel 2008 assegnò a Scotti il premio Città di Fiume per l’opera omnia in letteratura e per avere conseguito all’amicizia tra i popoli delle due sponde dell’Adriatico, l’esponente dei «difensori della patria» Cedo Butkovic ha chiesto l’annullamento di quel riconoscimento dato «al peggiore nemico della Croazia».

I fascisti croati minacciano di morte lo scrittore Giacomo Scotti


Giornalista, scrittore, poeta, l'intellettuale di frontiera con doppia cittadinanza italo-croata, Giacomo Scotti vive sotto minaccia di morte. Il giornale on-line dell'estrema destra neoustascia croata, Hrvatski List, ha pubblicato a fine dicembre un articolo del periodico zagabrese Hrvatsko Slavo in cui si accusa Giacomo Scotti, insieme ad altri – tra cui l'ex capo di Stato Stipe Mesic e l'attuale presidente Ivo Josipovic – di essere filo comunista e nemico dei croati. «Finalmente - scrive l'autore del testo di minacce, Josko Celan - gli ultimi generali croati accusati di crimini nella Krajina sono stati liberati e sono tornati a casa. Ora devono pagare coloro i quali li hanno accusati, è giunta l'ora di punire i nemici della Croazia».

Il giornalista e scrittore Giacomo Scotti minacciato di morte


Giacomo Scotti è uno scrittore italiano che dal 1947 vive tra Trieste, l’Istria e Fiume. Eppure adesso ha paura ad uscire di casa, perché c’è chi in Croazia lo vuole morto. «Già a Zagabria o a Spalato non posso mettere piede – ci racconta – perché, se mi riconoscono, mi fanno fuori». Infatti, tra i nemici dei neo-ustascia, estrema destra croata, prima di Stipe Mesić, l’ex capo dello Stato, e di Ivo Josipoić, attuale presidente, tutti definiti “filocomunisti”, viene Giacomo Scotti, che adesso ha 85 anni e alle spalle più di cento pubblicazioni, tra narrativa, saggistica e poesia.

GIACOMO SCOTTI, LA MORTE VIEN DALLA CROAZIA


Ci risiamo. Lo scrittore e intellettuale di frontiera Giacomo Scotti è di nuovo minacciato di morte. Drammatica la sua mail al nostro giornale: «La mia vita è in pericolo - scrive - il sito internet dell'estrema destra neoustascia croata-il hkv hr/hrvatski ha diffuso il 24 dicembre un articolo del periodico zagabrese Hrvatsko Slovo (Verbum Croaticum) nel quale vengo seppellito sotto una valanga di odio e mi si minaccia di "eliminazione"». La "colpa" di Scotti risale addirittura al 1996 quando pubblicò a Roma il libro-diario "Croazia-Operazione tempesta" in cui denunciò i crimini compiuti nella Krajina dall'esercito croato di Tudjman quali uccisioni di persone anziane e incendi di case abitate dai serbi, il tutto all'indomani della cosiddetta liberazione di quella regione abitata dai serbi. «Finalmente - scrive l'autore del testo di minacce, Josko Celan - gli ultimi generali croati accusati di crimini nella Krajina sono stati liberati e sono tornati a casa (i generali Ante Gotovina e Mladen Marka› ndr.). Ora devono pagare coloro i quali li hanno accusati, è giunta l'ora di punire i nemici della Croazia». Segue un elenco di nomi tra cui quello di Giacomo Scotti definito come «un traditore dei croati» e «un bastardo italo-serbo». Scotti è comunque in "buona" compagnia visto che nell'elenco dei punibili ci sono anche l'ex capo dello Stato croato Stipe Mesi„ e l'attuale presidente Ivo Josipovi„, entrambi definiti «filocomunisti»

Denunciò i crimini croati, teme per la vita


La campagna neofascista contro di lui, cominciata alla fine dell’anno appena trascorso, fatta «scoppiare» alla vigilia di Natale con il coinvolgimento dei vertici della città di Fiume-Rjeka, continua e si intensifica in queste prime settimane dell’anno nella forma di una vera e propria battuta di caccia intrapresa dagli estremisti del nazionalismo croato. Sul portale on-line del Hrvatski List, settimanale di estrema destra, si va allungando l’elenco di coloro, per lo più celati sotto pseudonimi o cosiddetti nomi di battaglia, che additano in Scotti «il più grande nemico della Croazia al di qua e al di là del fiume Drjina», chiedendo la sua lustracija, sostantivo che vuole dire, letteralmente, epurazione, eliminazione, liquidazione, annullamento. 

I fascisti croati minacciano di morte lo scrittore Giacomo Scotti


Secondo quanto riportato da il Piccolo di Trieste, infatti, il gruppo dell’estrema destra croata Hkv hr/hrvatski ha pubblicato sul suo sito internet un articolo in cui si accusa, tra gli altri, lo scrittore italo-istriano Giacomo Scotti di essere filo-comunista e nemico dei croati. L’articolo, apparso sul periodico zagabrese Hrvatsko Slovo il 27 dicembre scorso, elencava una lista di nemici della Croazia colpevoli di aver parlato di pulizia etnica dei serbi da parte dell’esercito croato durante l’invasione della Krajina, regione che da quasi quattro secoli era abitata da una popolazione di circa 300.000 serbi. Il reato di Scotti consisterebbe nell’aver fornito nel suo libro Croazia. Operazione Tempesta, pubblicato nel 1996, una dettagliata descrizione dei crimini compiuti dall’esercito croato di Tudjman guidato dai generali Ante Gotovina e Mladen Markacrecentemente assolti dopo la condanna per crimini di guerra dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia. Scotti racconta come durante l’operazione Tempesta i civili serbi vennero costretti alla fuga, le loro auto e il loro bestiame vennero rubati, le case saccheggiate e occupate da ufficiali dell’esercito croato. Una ricostruzione storica non accettata dai neo-ustascia, che vedono in Gotovina e Markac non solo degli eroi nazionali, ma dei veri e propri salvatori della patria.

Tensioni mai sopite tra Croazia e Italia. Giacomo Scotti minacciato dai neo-ustascia






mercoledì 23 novembre 2022

TESORI D'ARTE DELLA SERBIA MEDIEVALE

 




Verona, sabato 3 dicembre 2022

alle ore 16 presso la Chiesa di San Giorgio in Braida, Piazzetta San Giorgio
presentazione del libro di
Rosa D'Amico
TESORI D'ARTE DELLA SERBIA MEDIEVALE
Un viaggio tra Oriente e Occidente
alla presenza dell'Autrice.
Introduzione della dott.ssa A.M. Spiazzi
Intermezzo e finale musicale con brani di musica sacra eseguiti dalla Nova Schola Cantorum e dal soprano Rosalina Bressan

SEMPRE PIU' ALTA LA TENSIONE IN KOSMET






Il peggiore di tutti in questa storia è proprio il signor Borrell. Recentemente si è reso noto al grande pubblico per una dichiarazione sulla Unione Europea come "giardino" da preservare in quella "giungla" che sarebbe il mondo esterno: inutile dunque aspettarsi qualche nota autocritica da un suprematista europeo-occidentale come lui. E invece le premesse della grave situazione del Kosovo-Metohija le ha messe proprio la UE con le politiche neofasciste praticate almeno dal 15 gennaio 1992, ma in particolare con il riconoscimento della "indipendenza" di questa che è oggi a tutti gli effetti una colonia euroatlantica usata solo per luridi traffici e destinata, nelle intenzioni di quelli come Kurti, all'Anschluss con l'Albania.

La UE da 30 anni promuove la guerra, e continua.

www.facebook.com/cnj.onlus


“Kosovo e Serbia responsabili per qualsiasi escalation” 

lunedì 21 novembre 2022

Dopo l’Ucraina l’attenzione resta alta sui Balcani.

 



Dopo l’Ucraina l’attenzione resta alta sui Balcani.

Secondo l’ex diplomatico americano e politologo, James Jatras, l’esito della crisi ucraina condurrà entro pochi anni a importanti cambiamenti geopolitici globali.
Jatras, intervistato lo scorso 19 novembre dall’agenzia di stampa russa Sputnik, ha sottolineato peraltro che il destino dei serbi è fortemente legato all’andamento del conflitto in Ucraina. Qualora infatti le potenze occidentali non ottenessero un esito a loro favorevole, potrebbero colpire in modo asimmetrico altrove, e tra i primi indiziati ci sarebbero i Balcani, in particolare Bosnia-Erzegovina o Kosovo e Metohija.
“La NATO e gli Stati Uniti possono in qualsiasi momento alzare il livello di tensione in Kosovo e in Bosnia, colpendo uno stato considerato amico della Russia” ha affermato Jatras, che ha però proseguito sottolineando la difficoltà nel prevedere futuri eventi nei Balcani, dal momento che in primis dipenderebbero da quanto fermamente il governo serbo deciderà di stare al fianco del proprio popolo.
Belgrado infatti, nonostante le pressioni internazionali, non ha adottato sanzioni contro la Russia, riuscendo così a mantenere condizioni favorevoli per la propria stabilità economico-energetica ma, in tal modo, ha anche attirato le attenzioni “dei 30”, ovvero dei paesi membri della NATO, che guardano con rinnovato interesse al primo bersaglio di quei lontani anni ’90.
Intanto, l’attuale disputa delle targhe tra Belgrado e Pristina dimostra come l’Occidente spinga il riconoscimento del Kosovo, facendo leva sul principio di autodeterminazione dei popoli, lo stesso che viene negato alle regioni filorusse, obbligate a restare sotto un padrone indesiderato.

NOVAK DJOKOVIC HA VINTO TUTTO QUELLO CHE SI POTEVA VINCERE

 



Nel giorno dell'impresa sportiva di Djokovic, mi pare opportuno riportare questa memoria che ci viene proposta da Vanni Trentalance.

"Andiamo con ordine: le Finals di Torino sono il torneo in cui gli otto giocatori che hanno fatto più punti durante l'anno si sfidano tra loro.
Novak Djokovic, pur essendo stato escluso per i noti motivi da ben due tornei del grande Slam, non solo si è qualificato tra gli otto ma oggi ha vinto il trofeo, risultando il giocatore più in forma dell'anno (oltre che probabilmente il più forte di tutti i tempi).
Costui invece è il presidente del Gimbe, un non meglio specificato ente privato senza scopo di lucro (!) che dovrebbe 'favorire la diffusione delle migliori evidenze scientifiche' nonché 'migliorare la salute delle persone contribuendo alla sostenibilità del servizio di assistenza pubblica' eccetera eccetera.
Uno che tra food posting e sostegno alle più oscene e antiscientifiche restrizioni governative ha imperversato sulla televisione pubblica per più di due anni affermando letteralmente laqualunque e il suo contrario.
Oggi ci piace ricordarlo in particolare per questa sua perla di scienza elargita in occasione di una delle rarissime sconfitte di Djokovic di quest'anno. Idolo assoluto."

domenica 13 novembre 2022

Lampo e Tempesta: stesse parole due significati opposti

 



Lampo e Tempesta: stesse parole due significati opposti

Popoli fratelli in armi, uno scenario che si ripete 

Bljesak e Oluja. In lingua serbo croata è quella che a stenti ancora resiste e che io e molti come me ostinatamente continuiamo a chiamare serbo croata, significa Lampo e Tempesta. Stessa lingua, stesso significato in questa lingua, parlata da due nazioni più simili in questo mondo eppure, nei due immaginari collettivi, questi semplici sostantivi evocano avvenimenti di interpretazione completamente differenti.

Bljesak- Lampo. Operazione militare realizzata dall’esercito e dalla polizia croati iniziata il 1° maggio 1995 in Slavonia Occidentale, iniziando da Pakrac e Jasenovac che all’epoca facevano parte dell’autoproclamata Republika Serba di Krajina. Durata non più di 35 ore, nella quale le forze croate riuscirono, con l’artiglieria e le cannonate, a cacciare più di 15 mila serbi dalle loro case. La colonna dei profughi serbi che si creò e cercò la salvezza in parte in Republika Serba di Bosnia in parte in Jugoslavia (Serbia), fu bombardata dall’aeronautica croata. Uccisero 283 persone. In totale, dalla Slavonia Occidentale, secondo l’UNHCR, 80 mila serbi hanno lasciato le loro case. Come risposta alla operazione, i serbi bombardarono Zagabria dove morirono 6 persone e 150 furono ferite. Fino ad ora, i profughi rientrati sono circa 1500. In Croazia il 1° maggio si festeggia come giorno della liberazione della Slavonia Occidentale.

Oluja – Tempesta. Operazione militare di grandi proporzioni eseguita dall’esercito e dalla polizia croati aiutati dall’esercito musulmano di Bosnia (il Quinto Corpo dell’Armata dell’esercito bosniaco) e dagli Stati Uniti per riprendere il territorio della Croazia centrale, controllata dalle forze serbe. Il risultato finale fu l’annientamento totale della Republika Srpska Krajina. Secondo le trascrizioni in possesso del Tribunale dell’Aia nel processo di Ante Gotovina che fu il comandante dell’Operazione, si annota che l’operazione di pulizia etnica contro la popolazione serba di Croazia fu attentamente preparata dai vertici politici e militari croati con Franjo Tudjman in testa.
In particolar modo le trascrizioni di Brioni del 31 luglio 1995, appena prima dell’operazione Tempesta, dove di fatto è stata presa la decisione sull’attacco alla Krajina e la citazione della dichiarazione di Tudjman: “...è importante che i civili si muovano e quando questi civili cominceranno a muoversi saranno seguiti dall’esercito e quando si vedranno le colonne questo avrà l’effetto psicologico degli uni sugli altri.”
Alla stessa riunione Tudjman inoltre ha dichiarato:” ...dobbiamo eseguire tali attacchi per far si che i serbi praticamente spariscano”.
3 agosto 1995. Le finte trattative di Ginevra dove la delegazione dei serbi di Croazia accetta la proposta di Stoltenberg e della comunità internazionale in 7 punti per una larga autonomia e graduale integrazione dei serbi di Krajina in Croazia mentre la parte croata improvvisamente cambia le carte in tavola e pretende la resa immediata senza condizioni. La delegazione serba non aveva il mandato per accettare una simile condizione e alla conferenza stampa i croati unilateralmente dichiarano le trattative fallite ritirandosi immediatamente a Zagabria. La parte serba ha l’aereo l’indomani mattina (intervista di Milivoj Vojnovic al “Novosti” di Zagabria del 01.08.2008. l’ultimo Ministro degli esteri della Republika Srpska Krajina)
4 agosto 1995. Alba. L’esercito croato, circa 150 mila uomini, appoggiato dalla aviazione statunitense (partecipazione ufficialmente smentita, ma tanti sono i testimoni anche fra i generali americani che dichiarano questo fatto, come il vice comandante della Nato Charles Boyd che ammise la pianificazione e partecipazione statunitense) che precede la loro azione bombardando le postazioni radar dei serbi di Krajina .Inizia l’Operazione Tempesta. L’entrata è facilissima.I cannoneggiamenti sono potentissimi e fortissimi e durano ininterrottamente per tutta la giornata. Le forze serbe della Croazia sono in 35 mila, di morale pessimo, con conflitti politici interni e leadership inesistente.
Milosevic non aiuta i serbi di Croazia. I croati con l’equipaggiamento americano disturbano la comunicazione del comando serbo e di fatto lo tagliano fuori. Entrano in profondità dai 5 ai 15 chilometri. I serbi rispondono cannoneggiando Sisak, Sebenico, Ogulin. 5 agosto. Già al pomeriggio Knin è caduta e sul castello medievale sventola grandissima la bandiera a scacchi. Entrano le tv precedute dagli “spazzini” che puliscono i cadaveri dalla strada per poter riprendere la gloriosa vittoria su Knin. Si spara in aria tutta la notte, l’acool non manca. Inizia la ruberia delle case vuote dei serbi. L’80% del territorio serbo è nelle mani dei croati.
6 agosto 1995. Sul fiume Korana si incontrano l’esercito croato con quello musulmano-bosniaco e con questo si tagliano i rifornimenti ai serbi della Croazia che partivano dai serbo-bosniaci. Al pomeriggio a Knin arriva anche il presidente Tudjman. La Krajina è definitivamente caduta. Cadono le città di Petrinja, Slunj, i laghi di Plitvice. Le divisioni serbe di Krajina si sono arrese.







7 agosto 1995. Il ministro della Difesa croato Gojko Susak alle 18.00 dichiara che dal punto di vista militare l’Operazione Tempesta è conclusa dato che la frontiera con la Bosnia è stata messa sotto controllo. Il territorio incluso nell’offensiva croata Tempesta è stato abbandonato da quasi la totalità della popolazione serba: 250 mila persone, secondo l’UNHCR. S'avviano le colonne dei profughi sui trattorini rossi carichi di pentole, padelle, coperte e altre povere cose. Guidati a volte dai bambini di 8, 10 anni, con i capelli sbiancati in una notte. Altri mezzi agricoli hanno lasciato la Croazia attraverso la Republika Srpska di Bosnia indirizzandosi nella Serbia. Erano spesso sotto l’attacco delle forze croate. I media internazionali non hanno mai fatto vedere quei trattorini rossi. I poteri in Serbia dei quali i media hanno quasi del tutto ignorato la caduta della Krajina, hanno indirizzato le colonne dei profughi nei centri collettivi nell’interno del paese e in Kosovo. La gente comune della Serbia ebbe una reazione spontanea di grande solidarietà. Uscirono portando l’acqua, faceva caldissimo, da mangiare, si portarono le famiglie a casa per ospitarli. Il governo tacque.
Dopo l’operazione Tempesta le forze croate hanno chiuso il territorio della Krajina, tranne per i profughi croati che da quei territori erano stati precedentemente cacciati dai serbi. Hanno iniziato con la distruzione sistematica delle case vuote dei serbi, bruciando e minando oltre 20 mila case. La popolazione vecchia che non ha potuto o voluto lasciare Krajina, è stata barbaramente massacrata. Secondo Il comitato di Helsinki per i diritti umani, croato, nell'Operazione Tempesta sono scomparse 1.805 persone, mentre 700 civili sono morti uccisi. Tuttora non esistono i numeri certi sulle vittime.
La testimonianza del sindaco di Knin, Drago Kovacevic, nel suo libro Gabbia – Krajina nella guerra accordata: «Il 4 agosto 1995, appena prima dell’alba, è iniziato il generale attacco alla Krajina. Knin è stata ricoperta dalle granate che cadevano nel numero infinito sulla città. In ospedale c’erano decine di morti. E' stata interrotta la corrente elettrica. La Radio Knin è ammutolita. Fuoco e fumo erano dappertutto. Già la mattina seguente le colonne dei civili sono partite dalla città, nell'unica direzione rimasta, verso la Lika. Le pause nei cannoneggiamenti quasi non esistevano...Verso le 5 del pomeriggio sono venuti due poliziotti a prendermi per portarmi al quartier generale dell’esercito della Krajina...All’angolo era seduto Milan Martic (leader politico dei serbi di Krajina). Davanti a lui il posacenere pieno di cicche e alcuni pacchetti di sigarette vuoti. Aveva le occhiaie scure come qualcuno che non ha dormito a lungo... Subito gli ho chiesto quale era la situazione e ho ricevuto la risposta scoraggiante. Abbiamo perduto alcune posizioni sul monte Dinara che erano importanti...Molto presto si mostrerà che la cosa era fatta perché mi avevano invitato con l’intenzione di determinare l’evacuazione della città verso Srb. Martic già aveva davanti a se l’ordine per l’evacuazione di Knin, Drnis, Benkovac, Obrovac e Gracac verso Srb. Firmando l’ordine Martic ha subito chiesto che si organizzi immediatamente l’evacuazione e mi chiedeva di quali mezzi disponiamo. La priorità la dovevamo dare all’ospedale di informare le persone di protezione civile nei villaggi più distanti. Dalle città la gente ha già iniziato ad andarsene. Avevamo i problemi con il carburante ed è stato accordato di prenderlo sulle due pompe di benzina in città chiedendo l’aiuto ulteriore all’UNPROFOR. Martiæ ha chiesto la linea telefonica con Milosevic con il quale era imbestialito. Mrkšiæ (comandante in capo dei militari della repubblica serba di Kraijna ) sembrava possedere sangue freddo, ma dopo che Martic ha firmato l’ordine di evacuazione ha commentato che questo significherà che il popolo sarà seguito dall’esercito. Le linee non sarà possibile tenerle ancora a lungo. Ad una certa ora Martic ha ottenuto la linea con Brana Crncevic che gli avrebbe detto che parlerà di aiuto militare con Milosevic. Però, questa risposta di Crncevic lo ha solo fatto ulteriormente incazzare e deprimere. Insultava Milosevic e lamentava la sua delusione a Crncevic. L' evacuazione è stata organizzata dalla protezione civile che avevamo al livello di comune e che era sotto il diretto comando del Ministero della difesa. Da Knin siamo partiti verso le ore 21 di quel giorno nel camion della Croce Rossa verso la Bosnia. Le strade erano già tutte intasate. La colonna si muoveva verso Drvar... Le colonne ininterrotte arrivavano dalla Dalmazia e dalla Lika...Le granate cadevano dappertutto... Già sulla strada per Petrovac hanno cominciato a susseguirsi scene insolite e anche tragiche. E’ morto il primo profugo nel convoglio e abbiamo incontrato la famiglia che pensava come e dove seppellirlo. Era il vecchio Josho Maglov da Polaca vicino a Knin. Più tardi abbiamo avuto la conferma che alcune decine di persone anziane sono morte nella colonna verso la Serbia, però c’erano anche i neonati che morivano perchè non avevano il latte. Verso mezzogiorno, con un caldo bestiale, siamo arrivati a Petrovac, dove decine di migliaia di persone stavano ferme all’incrocio verso Kljuc. Tutto attorno, sui prati e lungo la strada stavano gli autoveicoli, i camion ed i trattori pieni di gente...»







E ora, dopo 13 anni... Il 4 di agosto ogni anno in Serbia è un lutto nazionale. La perdita dei territori abitati da serbi per secoli è dolorosissima. Quest'anno il Presidente Tadic, accendendo le candele per i morti ed espulsi del popolo della Krajina ha dichiarato che la Croazia deve rivedere le proprie posizioni rispetto all’Operazione Tempesta e restituire la possibilità ai profughi di ritornare nelle loro case. Inoltre, ha dichiarato che lui si è scusato svariate volte a tutti per i crimini commessi a nome dei serbi, ma che non ha ancora sentito simili scuse da nessuno dopo tutti questi anni. Dopo di che è seguita immediata replica del Presidente Mesic che con la consueta arroganza ha dichiarato che Tadic non è stato abbastanza attento e che forse i suoi consiglieri lo sono stati di più per ricordargli che anche lui si era scusato una volta per i crimini commessi dai croati. Poi è intervenuto il premier croato Sanader che ha dichiarato che «la Croazia festeggerà Tempesta perché era una azione giusta e di liberazione e che non permetterà a nessuno di buttare fango su questa grande vittoria croata».
E allora via ai festeggiamenti per la Festa Nazionale di Liberazione che in Croazia è ogni 5 agosto. Con tanto di cantante nazirock Thompson con i titoli delle canzoni che gelano il sangue nelle vene (“Jasenovac i Gradiska Stara”, i campi di sterminio per i serbi, ebrei, Rom nella seconda guerra mondiale, “Srbe na vrbe” – I serbi appenderli ai salici e cosi via). E così, la pulizia etnica gli uni la festeggiano come il giorno della liberazione, gli altri piangono per l’ingiustizia e così è sempre stato e sempre sarà. Si spiega così, come le stesse parole, nella stessa lingua, nei due popoli più simili al mondo, possano significare cose del tutto diverse. E fra loro vi è un terzo popolo a loro identico, con la parola Srebrenica. Che accadde proprio fra l’una e l’altra di queste operazioni. Aspettiamo che il processo di Gotovina come anche quello di Karadzic, possano portare un contributo, almeno linguistico. Affinché i sostantivi come Bljesak, Oluja e fra loro Srebrenica, possano diventare un unico sostantivo: genocidio. Per tutti e tre popoli di stessa lingua e stesse origini.

Jasmina Radivojevic

 Tratto dal l'edizione on line de La Stampa, blog "Danni collaterali" della giornalista Carla Reschia. 

Oluja in Balkan crew

Franjo Tuđman riconosciuto criminale in tutti i gradi di giudizio



martedì 8 novembre 2022

SITUAZIONE ESPLOSIVA IN KOSMET






10 mila persone in piazza contro il governo: siamo serbi! 
Sconosciuti hanno lanciato in serata una bottiglia molotov contro la casa di una famiglia serba nei pressi di Gracanica, enclave serba a pochi km dalla capitale kosovara Pristina. Zoran Trajkovic, che al momento dell'attentato era in casa con i suoi familiari, ha detto che ad aver paura. Non si sono registrati comunque feriti, solo danni materiali all'abitazione.
Come riferiscono i media a Belgrado, già in passato la famiglia serba era stata oggetto di attacchi e provocazioni. Alcuni mesi fa sulla palizzata del cortile di casa era apparsa una scritta inneggiante all'Uck (organizzazione terroristica), l'Esercito di liberazione del Kosovo che combattè contro i serbi nel conflitto armato del 1998-1999, mentre in precedenza Zoran Trajkovic era stato attaccato e picchiato da alcuni kosovari di etnia albanese. Condannando l'attentato, il direttore dell'Ufficio governativo serbo per il Kosovo Petar Petkovic ha detto che esso è la conseguenza della politica di odio antiserbo portata avanti dal premier kosovaro Albin Kurti.


L'Ushtria Çlirimtare e Kosovës (UÇK o UCK), nome albanese dell'Esercito di liberazione del Kosovo (ELK) e noto in inglese come Kosovo Liberation Army (KLA), è stata un'organizzazione terroristica kosovaro-albanese, inserita nel 1998 nella lista ONU delle organizzazioni terroristiche[4][5][6][7][8][9], che ha operato in Kosovo e nella vicina vallata di Preševo, nella parte meridionale della Serbia centrale, prima dello scoppio della guerra del Kosovo.

Un'organizzazione parallela, nota con la stessa sigla UÇK o UCK (Ushtria Çlirimtare Kombëtare, in italiano Esercito di liberazione nazionale), ha operato nella Repubblica di Macedonia tra la fine del 2000 e la primavera del 2001 durante i sanguinosi scontri che hanno coinvolto la minoranza albanese.[10][11]

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